Ettore Maria Colombo
ROMA
TAGLIO

del numero dei deputati (oltre che, si capisce, dei senatori) e parità di genere; diritto del Senato a legiferare ‘anche’ su diritti civili e regime matrimoniale come sulla salute dei cittadini, i temi. Candiani Stefano, vicepresidente vicario dei 15 senatori leghisti, e Loredana De Petris, capogruppo del gruppo Misto e, soprattutto, dell’agguerrita pattuglia dei sette senatori di Sel, gli estensori. Tradotti in numeri dal mitico ‘librone’, ormai un cult, al Senato, “l’1.19.79 e l’1.20.22” (Candiani) e l’1.28/29/30/31 (De Petris)”.
Sono questi i temi, i nomi e i numeri che, iscritti a dibattito già a partire dai prossimi giorni grazie ai due senatori citati, la war room democrat — guidata dal capogruppo Luigi Zanda e dai senatori renziani che fanno la spola tutti i giorni con palazzo Chigi — ha segnato sul taccuino rosso e matita blu prima delle votazioni. Candiani e De Petris hanno, infatti, presentato degli emendamenti ’killer’ o a ‘prova di bomba’, come li hanno definiti in casa del Pd, che rischiano di mettere a serio rischio la tenuta della maggioranza e del governo, nei prossimi giorni, sul già bollente ddl Boschi.
GLI EMENDAMENTI a firma Candiani chiedono, il primo, di ridurre a 500 i deputati della Repubblica (tra i plausi di giubilo dei senatori) e, il secondo, di introdurre, tra le materie su cui può legiferare il nuovo Senato, il matrimonio, i diritti civili e familiari e la salute. Trattandosi di materie comprendenti voti che interessano le minoranze linguistiche, entrambi i voti saranno a scrutinio segreto. Nel caso dei due emendamenti De Petris, la materia si fa, invece, di lana caprina. Agendo sul tema della parità di genere, De Petris — che propone, negli stessi emendamenti, un Senato tutto elettivo — si vedrebbe sì bocciare i suoi testi, ma con la conseguenza che, per il criterio della ‘prevalenza’, cadrebbero anche la parte del ddl Boschi, scritta dalla Finocchiaro, che introduce la parità di genere. Insomma, nel caso di Candiani l’emendamento è solo ‘ingegnoso’, nel caso della De Petris è, insieme, sia ‘kamikaze’ che ‘killer’. In entrambi i casi e in ogni caso, il voto sarà segreto, ergo pericoloso.
NON STIAMO parlando, cioè, dei simpatici (e noti alle cronache) emendamenti che — su un totale di 7.830 (tanti quelli che sono stati presentati, di cui 6 mila solo dal gruppo di Sel) — vorrebbero cambiare nome alla Camera dei Deputati per trasformarla in Gilda (rigurgito medioevale), Ecclesia (rigurgito religioso) o in Duma (rigurgito russo pre-1917, cioé pre-rivoluzione d’Ottobre).
Quelli che, ieri, il premier, Matteo Renzi, nella lettera indirizzata proprio a tutti i senatori ha bollato come «umilianti e assurdi». Nel caso degli emendamenti di Candiani (scritti, pare, dall’esperto del ramo Roberto Calderoli) e della sellina DePetris, la questione è, invece, serissima. Per dirla con la De Petris: «Renzi si accorgerà che noi non si fa le burle». In effetti, il loro nome è ‘guerriglia’ e che Lega e Sel siano capaci a farla e i grillini no, è un’altra storia.