BRUXELLES
COMMERCIANTI
attenti: se la confezione del pesce non riporta il nome latino della specie venduta incorrerete nel rischio di multe perché siete in contrasto con le regole europee. Uno scherzo estivo? No, una prescrizione di una norma comunitaria che impone l’indicazione del nome scientifico del pesce in etichetta. Si tratta del regolamento 104/2000 relativo all’organizzazione comune dei mercati nel settore dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura. Il testo parla chiaro: i prodotti ittici possono essere venduti «soltanto se recano un’indicazione» in cui si specifica la denominazione commerciale del pesce, il metodo di produzione (cattura in mare, o nelle acque interne, o allevamento) e la zona di cattura.

PER SPECIFICARE

il nome commerciale del prodotto lo stesso regolamento comunitario prevede che lo Stato membro definisca e pubblichi l’elenco delle denominazioni commerciali autorizzate sul loro territorio, elenco che indica, per ciascuna specie, il nome scientifico e la denominazione nella lingua ufficiale. Insomma, oltre al nome del pesce in italiano, serve anche quello della nomenclatura di Linneo in Latino.

LE MULTE

, in caso di mancata indicazione, sono salate: in alcuni casi possono superare anche i tremila euro. In base al regolamento comunitario spetta agli Stati adottare le misure necessarie per sanzionare le violazioni. In Italia i dispositivi normativi che stabiliscano l’ammontare delle multe ci sono già. Per il settore ittico le violazioni di norme relative all’etichettatura comunitaria sono previste dal decreto del 27/03/2002, che applica le sanzioni già previste dal decreto legislativo 109/92: in caso di etichetta non rispondente alle caratteristiche comunitarie scatta una sanzione amministrativa pecuniaria da 600 a 3.500 euro, in misura ridotta a 1.166 euro. In caso di vendita fraudolenta, ossia di vendita di un prodotto ittico spacciato per un altro, si applica l’articolo 515 del Codice penale, che prevede la reclusione fino a 2 anni o la multa fino a 2.065 euro.

«IL NOME

scientifico serve per evitare frodi», spiega il comandante regionale dell’Umbria del Corpo Forestale dello Stato, Guido Conti. «Al nome del pesce va affiancato il nome scientifico perché ci si è resi conto che il nome semplice da solo non basta a evitare le frodi alimentari».
Tutto secondo le regole, allora, e nulla di strano. Ma attenzione, perché il regolamento in questione non è il solo a contenere disposizioni ‘curiose’. Già, perché in Europa carote e patate sono considerati frutta. La direttiva 2001/113 sulle confetture stabilisce che «ai fini della suddetta direttiva pomodori, le parti commestibili del rabarbaro, carote, patate dolci, cetrioli e zucche sono considerati frutti».
Insomma, le marmellate in Europa possono essere ottenute anche con ortaggi. E poi in vigore c’è anche la lista europea sulla classificazione delle specie: l’ultimo aggiornamento fa della comune chiocciola di terra un pesce d’acqua dolce. Quindi i commercianti si ricordino di trattarla come tale e specificare che in latino, secondo nomenclatura scientifica, si chiama ‘Helix pomatia’. Altrimenti si continua con le multe.