Elena G. Polidori
ROMA
NEL NOME

del «canguro». L’Aula del Senato boccia un emendamento di Ncd che proponeva di abrogare del tutto il Senato (e Sel chiede conto al Pd del suo voto contrario) e per effetto della regola ‘saltellante’ del regolamento, tutti le proposte di modifica successive e similari sono state abbattute. Un po’ come è successo quando si è votato l’altro emendamento, firmatario Augusto Minzolini, che proponeva il Senato elettivo. Anche qui, il tentativo di colpo di mano messo a segno da dissidenti Pd e Forza Italia è andato a vuoto e la bocciatura (con 171 no, 114 sì e 8 astenuti) ha ‘cangurato’ tutti gli emendamenti successivi. Pochi, per la verità, solo 10, ma ogni emendamento in meno è tempo guadagnato per la maggioranza.
Caustico il commento di Minzolini: «Dai numeri, si vede che Renzi non ha i 2/3 dei voti».

REGOLAMENTO,


dunque, protagonista assoluto della giornata di ieri a Palazzo Madama, dove la fine del tunnel sul ddl Boschi appare ancora lontana. Così, si ‘cangura’. Ma questo rende (se possibile) tutto ancora più complicato, esacerbando gli animi bollenti dei senatori che ieri mattina se ne sono dette di tutti i colori dopo che la notte prima era stata sfiorata la rissa tra i grillini e alcuni senatori dem proprio per via della drastica applicazione del metodo, voluta dal presidente Pietro Grasso, su una materia importante come quella costituzionale. Ecco perché alla ripresa del dibattito, le minoranze sono insorte (ma non solo loro: tra gli interventi più critici va segnalato anche quello del senatore Pd Massimo Mucchetti) e hanno ottenuto la sospensione dei lavori per consentire alla Giunta per il regolamento di riunirsi e dare un’interpretazione «autentica»: si può usare o no il ‘canguro’ su materie così delicate? Alla fine Grasso ha annunciato che il metodo è legittimo, ma che sarà comunque applicato «con buon senso», con l’obiettivo di evitare che «questa paralisi dia un’immagine poco commendevole di questa istituzione». Ieri intanto sono stati votati (o ‘cangurati’, in ogni caso superati) circa 450 emendamenti. Sempre pochi rispetto alla mole restante, ma insomma qualcosa si è fatto.
Tra l’altro si è cominciato a vedere bene il volume reale della dissidenza interna ai partiti, con il Pd che conta 14 dissidenti, 15 Forza Italia, 8 il Gal, 3 Pi e 2 Ncd. Dichiarati inammissibili, poi, i cosiddetti «emendamenti burla» che chiedevano di rinominare il Senato in vari modi: si andava di «Gilda» a «Dieta degli eletti» fino a «Curia nazionale». Da sempre ostruzionismo fa rima con fantasia.