Ettore Maria Colombo
ROMA
PARTITO

in difficoltà, tensioni tra pezzi di maggioranza e con l’opposizione, ma, soprattutto, la certezza: una vera, salda, sicura, maggioranza politica, al Senato, il governo Renzi o non ce l’ha o fa una fatica matta a trovarla, sia in Aula sia nelle commissioni (ieri è finito sotto pure in commissione Giustizia). In più, tale maggioranza, si regge a stento solo se si vota a scrutinio palese.
La giornata nera del Pd inizia e finisce sempre dentro palazzo Madama. È mattina e si discute il primo emendamento Candiani (Lega) al ddl Boschi: introduce i temi etici nei poteri del nuovo Senato, Grasso lo fa votare a scrutinio segreto e il governo va sotto (154 sì, 147 no, due astenuti). Non solo, rispetto al giorno prima, le opposizioni han guadagnato ben 40 voti.

PARTE


la caccia al ‘franco tiratore’. Qui, però, la prima frittata la fa il Pd, il cui responsabile Comunicazione, Francesco Nicodemo, parte con tweet sui (presunti) ‘101’ che avrebbero ‘tradito’ Renzi oggi come Prodi ieri. Falso, ma l’immagine, mediaticamente, rende e diventa l’apertura di siti e agenzie, Renzi deve ammettere l’errore («i 101 non c’entrano nulla» dirà in Direzione), ma solo dopo che i senatori, specie i Giovani Turchi, lo investono in pieno. «Avete un pirla alla comunicazione, sconfessatelo o scoppia un casino!» urla, alla buvette del Senato, Stefano Esposito, all’indirizzo dei renziani. A ‘tradire’ la maggioranza delle riforme (Pd-Ncd-Sc-Pop-Psi-FI) sono stati, infatti, una ventina, al massimo, di democrat (certo più dei soliti 14...), ma soprattutto azzurri (altri 14/15) e una nutrita pattuglia di senatori cattolici (Ncd e centristi) che ha subìto il battage d’Oltretevere sull’argomento. Com’è, come non è, gli animi sono caldi e, nel pomeriggio, tutto si blocca. Del resto, l’sms inviato da Renzi ai senatori a metà mattina era definitivo: «Se andiamo sotto un’altra volta, salta tutto e vi porto a votare a ottobre». Panico.

ZANDA

era pronto persino ad accettare la sfida del nuovo voto segreto per dimostrare che, a dispetto dei ‘gufi’, il gruppo reggeva, ma Grasso si fa nuovo protagonista, solo che la colpa ricade sempre sul Pd. E il premier? Renzi tiene la Direzione del partito chiedendo il mandato per apportare, «ove possibile», modifiche all’Italicum, cioè alla legge elettorale, rivendicando con orgoglio il patto del Nazareno con l’ex Cav, e scommette sicuro che «faremo tutte le riforme promesse, non molliamo».
Poi manda un saluto ai senatori, «doppiamente meritevoli di abbraccio». «Renzi ci prende a schiaffi e poi ci vorrebbe sempre e solo qua, a votare» ribatte più di un senatore: non sono certo renziani, ma neppure dissidenti, lamentando scarsa attenzione, considerazione, ascolto. Stanchi, e affranti.