ROMA
NON È MAI
stata così alta la disoccupazione giovanile. A giugno ha toccato il 43,7%, secondo i dati provvisori dell’Istat: il livello più alto raggiunto dall’inizio delle serie storiche nel 1977.
I ragazzi tra i 15 e i 24 anni sembrano rimanere sempre più indietro in un mercato del lavoro che, secondo l’istituto di statistica, «ha registrato i primi segnali di miglioramento». Si è ridotto infatti il tasso di disoccupazione generale al 12,3% (dal 12,6% di maggio) e sono aumentati gli occupati di 50mila unità in un mese. I ricercatori Istat osservano che «ormai da qualche mese si è fermata l’emorragia di occupazione» anche se «le attese di breve periodo non segnalano ancora una chiara inversione di tendenza». Su base annuale c’è un nuovo aumento del tasso di disoccupazione di 0,1 punti, le persone in cerca di lavoro sono più degli abitanti di Roma (3 milioni 153mila) e sono aumentate di 26mila unità rispetto al 2013.
Tra i disoccupati, oltre uno su cinque ha meno di 25 anni. I ragazzi in cerca di occupazione sono 701mila, l’11,7% dei loro coetanei. A loro si aggiungono 4 milioni 376mila inattivi, che hanno un peso sempre maggiore tra i giovani (fino al 73,2%). A livello generale, l’inattività è in calo e riguarda 14 milioni 311mila persone, lo 0,9% in meno rispetto al 2013.
Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, interpreta l’aumento dell’occupazione come «una possibile tendenza a un consolidamento di una leggera ripresa occupazionale» anche se segnala la gravità della situazione giovanile e un’accentuazione del divario territoriale. La nuova occupazione, infatti, si concentra nelle regioni del Centro-Nord. Anche il sottosegretario Teresa Bellanova segnala «qualche elemento di speranza» a partire dall’aumento dell’occupazione femminile, che è «ancora troppo bassa» (al 46,5%).

LE RISPOSTE




del governo sul lavoro vengono bocciate come «inadeguate», dal segretario confederale della Cgil Serena Sorrentino. Per la Uil, il segretario confederale Guglielmo Loy, chiede «un nuovo progetto di politiche produttive e industriali e una radicale riduzione della pressione fiscale». «Almeno 140 mila persone rischiano di essere espulse dal ciclo produttivo nel 2014», conclude il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni.