Antonella Coppari
ROMA
FORTE

del ‘disgelo’ in Senato, l’iter della riforma a Renzi par quasi una formalità, visto che già volge l’attenzione al prossimo traguardo: l’Italicum. «È importante che Berlusconi stia al tavolo della nuova legge elettorale come è stato a quello delle modifiche costituzionali». Al netto dei mal di pancia di M5S e Lega che contestano anche il time-out ufficializzato a Palazzo Madama, dove i lavori riprenderanno domani, il premier non sembra attendersi grosse sorprese da quelle parti: continuano i contatti tra le forze politiche per sciogliere i nodi ancora aperti (immunità e norme per l’elezione del capo dello stato i più intricati), ma la sensazione è che «davvero» entro questa settimana si riesca a chiudere e mandare il testo alla Camera. «Nessuno avrebbe scommesso sulla possibilità di consentire ai senatori di prendersi 24 ore di vacanza», sorride Renzi. Per agevolare ulteriormente il percorso, al ministero delle riforme vorrebbero rimandare poi al Senato solo le parti della legge che i deputati cambieranno. Così diventerebbe assai più facile chiudere definitivamente la partita all’inizio del 2015...
Mentre Grillo alza le barricate («o si cambia l’Italicum seriamente o si vota con il Consultellum»), Renzi riparte dall’asse con il Cavaliere che — per bocca del consigliere Toti — batte un colpo: «Per riforme e legge elettorale Forza Italia c’è». Non avrebbe sfondato, invece, l’idea di un ingresso a pieno titolo nella maggioranza, cara a Verdini. Tant’è: alla vigilia dell’incontro che dovrebbe essere martedì a pranzo, ma il condizionale è d’obbligo perché non c’è la conferma ufficiale, fremono i partitini: le loro sorti (e quelle delle soglie di sbarramento) passano per il patto del Nazareno bis. Convinto che, per rimettere in corsa il Paese, bisogna andare spediti sulle riforme, il premier spera di andare a dama sulla legge elettorale «entro l’anno», forse prima. Ecco perché non va per il sottile: «L’importante è arrivare a un sistema che consenta a chi vince di governare». L’incontro con Berlusconi servirà a mettere il sigillo a due modifiche già negoziate: la quota del 40% per accedere al premio di maggioranza e le preferenze, ma non per i capilista, che restano bloccati.

QUANTO


alle soglie per entrare in Parlamento, Forza Italia punta i piedi: forse potrà cedere qualcosina, «ma non si può equiparare la soglia per chi sta in coalizione e chi ne resta fuori», scandisce Romani. Resta l’incognita Quirinale: formalizzata o no, secondo i forzisti nell’accordo di gennaio, c’era una sorta di clausola che contemplava una scelta condivisa tra Matteo e Silvio del nuovo inquilino del Colle («certo non Prodi», ripetono gli azzurri»). Di sicuro, ad Arcore non dispiace l’emendamento proposto da Casini alla riforma della Costituzione che prevede — dopo otto votazioni a vuoto con maggioranze qualificate — il ballottaggio tra i due candidati più votati per l’elezione del capo dello Stato.