Giovanni Spano
SAN FELE (Potenza)
«HO AMMAZZATO

tutti e ora mi ammazzo io». Il terribile messaggio sms è arrivato a una donna, a Lastra a Signa, hinterland fiorentino. All’altro capo del telefonino, Vito Tronnolone, 65 anni, pensionato, da alcuni giorni in vacanza in Basilicata, a San Fele nel Potentino: le due ultime parole a una delle due sorelle. Un vorticoso giro di telefonate d’allarme, le gazzelle dell’Arma che arrivano sul posto in Contrada Difesa. Troppo tardi: a terra ci sono quattro corpi. Quattro cadaveri: oltre all’uomo la moglie Maria Stella Puntillo, 57 anni, casalinga, e i figli Luca, 32 e Chiara, 27, impiegata. Una strage.

«UN OMICIDIO

-suicidio», ipotizzano quasi subito gli investigatori dopo il recupero della pistola che ha sterminato la famiglia: una calibro «38» regolarmente detenuta da Tronnolone (insieme a un fucile) ma ‘per uso sportivo’, con licenza rilasciata lo scorso anno come confermato dai carabinieri dopo aver prelevato un computer dalla villetta di famiglia. Era un uomo molto provato e prostrato Tronnolone, ex carrozziere da molti anni trapiantato a Malmantile, frazione di Lastra a Signa, dove la famiglia da tempo viveva in una villetta a schiera circondata dal verde. Oppresso da una vita difficile, col figlio trentaduenne affetto da autismo, la paura crescente di non essere più in condizione di provvedere alla famiglia. A questo quadro di timori e angosce rimandano le diverse testimonianze dei vicini.
«La follia si stava facendo largo nella sua testa ogni giorno di più. Vito era un uomo mite, un padre amorevole e affettuoso — dice Valter Anichini —, ma si vedeva che era infelice. Da qui a ritenerlo capace di fare una cosa del genere, però, ce ne passa. Purtroppo il dolore che si rinnova di giorno in giorno diventa un’oppressione».

CHE COSA


abbia fatto da detonatore nella mente sconvolta dell’uomo non è chiaro. Forse l’esito di una visita in ospedale a Melfi, venerdì. Tronnolone si era sentito poco bene: problemi di pressione. Anche questo può averlo fiaccato ulteriormente, indotto a pensare che per lui e i suoi cari non c’erano speranze di un futuro almeno un po’ sereno.
Tragedia nella tragedia, la figlia 27enne avrebbe potuto salvarsi: era rimasta da sola nell’abitazione di Malmantile, trattenuta da motivi di lavoro mentre il padre, la madre e il fratello erano partiti con diversi giorni di anticipo. Chiara avrebbe raggiunto poi la famiglia: invece, arrivata appena il giorno prima in Basilicata, è stata travolta anche lei dall’esplosione di follia del padre, con il quale aveva un bel rapporto, anche tramite internet: «È bello averti qui con noi», le aveva scritto per accoglierla all’arrivo in Basilicata, e aveva postato una fotografia delle ragazza sul suo profilo Facebook. «È brutta invece», aveva risposto lei, ma in maniera scherzosa e altrettanto affettuosa. Ieri il social network è stato progressivamente occupato da amici, conoscenti e sconosciuti tutti a chiedersi il perché di una tragedia involontariamente causata anche da quel figlio cresciuto nel fisico ma rimasto «con il cuore, i sorrisi e gli slanci affettivi dei bambini», parole di un’altra vicina di casa della famiglia sterminata.