Nicoletta Tempera
BOLOGNA
IL LORO

era un sogno ‘fuori legge’. Sterili, volevano avere dei bambini. E in Italia non potevano, perché una legge, la 40 del 2004 che vieta la fecondazione eterologa (quella cioè che utilizza gameti non appartenenti ai genitori), glielo impediva. Poi è arrivato un giudice di Bologna, che ha ordinato a due centri privati del capoluogo emiliano di avviare gli iter terapeutici. Una decisione presa sulla base della sentenza emessa dalla Consulta lo scorso 9 aprile e relativa proprio a quella legge, ritenuta incostituzionale, sulla quale però il mondo politico discute da mesi, senza fare passi avanti. I ricorsi al giudice Antonio Costanzo della prima sezione civile del tribunale di Bologna erano stati presentati nel 2010 da due coppie, una toscana e una siciliana, che chiedevano di poter far ricorso alla fecondazione in vitro: la prima, rappresentata dai legali Gianni Baldini e Filomena Gallo, si era rivolta al centro Sismer, vedendosi respinta la domanda. La stessa sorte era toccata ai due coniugi siciliani che invece avevano bussato alla porta del Tecnobios. Una porta rimasta chiusa, tanto che anche loro, tramite gli avvocati Massimo Clara, Marilisa D’Amico, Mariapaola Costantini e Sebastiano Papandrea, si erano rivolti al tribunale di Bologna.

DOPO

quattro anni d’attesa, la sentenza: il giudice motiva il dispositivo spiegando che la fecondazione «di tipo eterologo è una specie di tecnica appartenente allo stesso genere (la procreazione medicalmente assistita) delle altre, di tipo omologo» ammesse in Italia, ritenendo inoltre «infondata l’eccezione di inammissibilità relativa al paventato ‘vuoto normativo’», visto che «il legislatore, avendo consapevolezza della legittimità della fecondazione tipo eterologo in molti paesi d’Europa, li ha opportunamente regolamentati». Quindi, impone ai due centri (entrambi privati: le strutture pubbliche attendono il via libera dalla Stato-Regioni) di avviare al più presto le terapie, attenendosi alle direttive mediche più aggiornate e accreditate, ossia quelle contenute nei protocolli medici internazionali, elaborate dalle società scientifiche. Una sentenza che ha avuto ‘effetto immediato’ anche sulla politica locale: l’assessore alla Sanità dell’Emilia-Romagna Carlo Lusenti ha annunciato che, se entro settembre non sarà varata una normativa nazionale, «procederemo autonomamente. Non possiamo accettare che si prosegua oltre in una fase di indeterminatezza di questo diritto».