Olivia Posani
ROMA
NESSUNA

manovra bis, nessuno sforamento del deficit oltre il 3%. Fissati i paletti entro cui muoversi, il ministero dell’Economia lavora alle cifre della Legge di stabilità da varare entro metà ottobre. La manovra per il prossimo anno ad ora oscilla tra i 16 e i 20 miliardi. Somma non difficilissima da raggiungere per far fronte agli impegni più importanti, a partire dalla stabilizzazione degli 80 euro. Ma ci si ferma lì. Il bonus non sarà esteso a pensionati e incapienti. Colpa del peggioramento del quadro economico. La recessione impedisce anche di fermare il deficit a quota 2,6%. L’asticella arriverà al 3%. Per riportarla in giù occorrerebbero 6 miliardi, ma il governo non ha intenzione di varare una manovra correttiva. Al momento i tecnici di via XX Settembre non stanno facendo simulazioni sul contributo di solidarietà per le pensioni alte. Ma il tema infiamma il dibattito politico. A quel che trapela il governo interverrà sugli emolumenti considerati d’oro e d’argento solo se riuscirà a inquadrarli in una riforma degli ammortizzatori sociali e del mercato del lavoro. Ma dai sindacati parte la rivolta contro qualsiasi intervento del governo sulle pensioni. La Cgil attacca con un tweet Matteo Renzi: «Troppa confusione, è inaccettabile un intervento sulle pensioni retributive». Sulla stessa linea il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, che giudica il piano dell’esecutivo come «una nuova tassa» perché «non si può intervenire sul pregresso». Ma a partire da quale soglia scatterà il prelievo? «Chi guadagna fino a 2mila euro netti stia tranquillo», ha detto il sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta, che preferirebbe tutelare i redditi fino a 3mila euro (quelli oltre i 5mila già sono stati colpiti dal governo Letta), mentre l’ex ministro del Lavoro Damiano parla di una soglia pari a 90mila euro lordi. Poco importa che in un tweet il premier smentisca: «I giornali di agosto sono pieni di progetti segreti del governo. Talmente segreti che non li conosce nemmeno il governo #nonesiste #maddeche». È fuoco di sbarramento oltre che dal sindacato anche da Fi. Contrario anche il Ncd, che pure fa parte della maggioranza. Intanto il direttore generale dell’Inps, Mauro Nori, precisa che «allo stato attuale nessuna richiesta, né dal governo né dal Parlamento» è stata avanzata sull’ipotesi di ricalcolo delle pensioni con il metodo contributivo al posto del retributivo. Operazione che comunque «non pone problemi per le pensioni del sistema privato».

TORNANDO

alla manovra, bisognerà trovare 7,5 miliardi per il bonus da 80 euro al mese. In realtà la misura costa 10 miliardi, ma 3,5 sono garantiti in modo strutturale dalla spending review. Servono poi 4 miliardi per le spese indifferibili: cantieri, aziende di trasporto pubblico locale, missioni all’estero. Altri 3 per cassa integrazione in deroga ed esodati. Il resto va alle altre misure sparse. Le coperture saranno assicurate dalla revisione di spesa. Il commissario Cottarelli si era fissato l’obiettivo di individuare 16 miliardi per il 2015. Ad ora sembra fermo a 12. Ma ad aiutare il governo ci sono 2 miliardi di minori spese sostenute per finanziare il debito, visto che lo spread si è abbassato. Altri 2 arriveranno dalla maggiore Iva incassata grazie al pagamento dei debiti della Pa e alla legge sull’energia. Insomma, Renzi può contare su una serie di entrate non previste dal Def, oltre che sui 7-8 miliardi in 3 anni del piano sulle privatizzazioni.