Patrizia Peppoloni
FOLIGNO (Perugia)
GLI INCUBI

del «mostro» finiscono in un epistolario che però rischia di allungare la detenzione del suo autore. Inquietanti lettere dal carcere che Luigi Chiatti, il killer pedofilo che vent’anni fa terrorizzò l’Italia uccidendo un bambino e un adolescente, ha inviato al compagno di cella. «Vedo un bambino di sei-sette anni»: comincia così una delle missive del geometra-killer arrestato nel 1993, che si autodefinì «mostro» dopo aver straziato il piccolo Simone Allegretti, tre anni, e il tredicenne Lorenzo Paolucci. Ma quelle parole cozzano non poco con un altro passo contenuto in una delle lettere, quando lo stesso Chiatti scrive: «Il mio fine pena è il 19 ottobre 2015». Quella data così prossima turba non poco, toccando inevitabilmente la sensibilità dei parenti delle vittime, a cominciare da Luciano Paolucci, impegnato in un’associazione per la tutela dell’infanzia: «Ho già perdonato Chiatti — dice ora il papà del povero Lorenzo — ma non perdonerei chi lo dovesse far uscire dal carcere se non in condizioni di assoluta sicurezza». Negli scritti l’ex geometra racconta sogni agghiaccianti a un amico conosciuto in carcere, lettere pubblicate dal settimanale «Oggi».

«IL BAMBINO

— scrive Chiatti descrivendo il suo sogno — esce da un edificio sotto la pioggia, corre in pigiama leggero, la via che percorre mi dà la sensazione che sia quella dove c’è l’ingresso dell’ambulatorio di mio padre (che al tempo esercitava la professione medica a Foligno, ndr) e a un certo punto lo vedo in un vicolo cieco di un centro storico di città, ha accanto a terra un enorme (quasi come lui) pezzo di pane spezzato e scavato dalla mollica, la punta di un filone di pane, lo mangia spezzando dei pezzi... c’è credo anche un altro bambino, lì si sente al sicuro». Tra i sogni raccontati da Chiatti anche quello di «armeggiare di nascosto con un dito di mano intero distaccato, tagliato di netto. Non si vedono — scrive — perdite di sangue... è come fosse irrorato di sangue. Mi diverto, lo prendo e lo attacco per pressione tra le dita». Nelle lettere compaiono «scarafaggi rossi», «conigli scuoiati, ma anche insetti «da schiacciare», soprattutto i più piccoli, e «mucche da fare a pezzi con le forbicine della Chicco».

IN PASSATO

non sono mancate mobilitazioni, anche quando si temeva che a Chiatti potessero essere concessi permessi. Il killer di bambini, al tempo degli omicidi poco più che ventenne, sta scontando trent’anni di reclusione dopo che in Appello gli venne riconosciuta la seminfermità di mente. Una sentenza confermata in definitiva dalla Cassazione il 4 marzo 1997. Scontata la condanna, Chiatti sarà sottoposto a una misura di sicurezza che prevede l’eventuale ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziale se dovesse essere riconosciuto ancora socialmente pericoloso. «Non dimentichiamo — afferma ancora Paolucci — che Chiatti disse in tribunale che è nel suo Dna uccidere ancora. Se dovesse uscire, lo vorrei prima incontrare». Secondo l’avvocato delle famiglie delle vittime, Giovanni Picuti, «le rivelazioni del settimanale sono inquietanti». «In ogni caso — aggiunge — non mi sorprendono. Non credo che chi abbia avuto a che fare a vario titolo coi due delitti debba stupirsi. Il problema resta la mancanza di strutture idonee a ospitare Chiatti al termine della detenzione. Con l’abolizione degli ‘Opg’, prevista per marzo prossimo, Chiatti verrà rimesso in libertà. Allora saranno dolori».

E CONCLUDE

: «Non ho mai creduto alla sua diminuita capacità mentale. Dovremmo aspettarci di tutto, purtroppo. Le lettere confermano il suo elevato potenziale offensivo. Sarà interessante vedere come lo Stato, che deve farsi carico dell’incolumità dei cittadini, saprà affrontare questa minaccia».