LONDRA
UNA RISPOSTA
«dura, risoluta ma paziente» alla minaccia che dal cuore del Medio Oriente torna a Londra, da dove sembra essere partita. Scotland Yard accelera la caccia al boia di James Foley che compare nel video dell’esecuzione del giornalista americano lanciando la sua minaccia agli Usa con l’accento londinese.
Il boia si farebbe chiamare John, e i suoi colleghi Paul e Ringo. ‘I Beatles’: sarebbe questo il soprannome di tre jihadisti britannici impegnati in Siria, reclutati dall’Isis e che svolgerebbero il ruolo di carcerieri di ostaggi stranieri. John sarebbe l’uomo che compare nel video dell’esecuzione di Foley la cui provenienza è tradita dall’accento.

È LONDINESE


secondo gli esperti che analizzano quella voce per trarne indizi cruciali da confrontare con le informazioni custodite nei database della Polizia e dei servizi di Intelligence. È un ‘inglese multiculturale’, come quello parlato da tanti ragazzi, britannici di nascita ma con background africano, asiatico, caraibico. È simile a quello dei tanti giovani che partono attratti dal richiamo della lotta per Allah.
Il primo ministro britannico David Cameron, che dopo una nuova riunione del comitato d’urgenza Cobra ha deciso di tornare in vacanza ma rimanendo in stretto contatto con Downing Street, non ritiene necessario introdurre misure d’emergenza, ma l’allarme resta alto e le forze di sicurezza sono mobilitate per implementare i controlli. C’è chi propone anche il ritiro del passaporto in caso di sospetti. «È necessaria una risposta dura, paziente e risoluta. Ci vorrà del tempo», emerge da fonti governative.
Si calcola che potrebbero essere fino a 250 i cittadini britannici rientrati in patria dalla Siria dopo aver combattuto con l’Isis, mentre sarebbero tra i 400 e 500 quelli che rimangono ancora in Iraq e Siria. A oggi sono almeno 69 le persone sospettate di legami con attività jihadiste in Siria arrestate in Gran Bretagna.

INTANTO



emerge che la somma chiesta dai miliziani dell’Isis per la vita di Foley era di cento milioni di euro. E negli Stati Uniti è polemica perché la vita di altri tre ostaggi americani è in bilico e Washington non tratta la liberazione di ostaggi. A rischiare la vita è anche il freelance Stephen Sotloff, ripreso nel video della decapitazione. «Spero che facciano di più per Stephen. Si può fare di più. La strada è indicata da altre nazioni», ha detto Michael, il fratello di James.
Ma gli Usa — scrive il
Washington Post — avevano tentato di liberare James Foley e altri ostaggi che si trovavano con il reporter ucciso. I soldati americani scoprirono il covo in cui gli ostaggi erano tenuti ma questi ultimi, «non erano presenti in quel luogo», ha reso noto il Pentagono con una dichiarazione che conferma il tentato blitz.
Mentre ieri il Papa ha telefonato ai genitori di James Foley. «Siamo commossi e grati», hanno detto la mamma e il papà del reporter assassinato.