Gabriele Moroni
Brembate (BERGAMO)
VANESSA

Marzullo, bergamasca di Brembate, due anni fa è a Londra. Assiste e partecipa a una manifestazione per la Siria. È una sorta di rivelazione. A Milano, lo scorso anno, incontra Greta Ramelli, varesina di Gavirate. È l’incontro di due passioni estreme. Un qualcosa (ripensato oggi appare incredibile) che porta due ragazze poco più che ventenni a trasferirsi per tre volte in una zona di guerra, a costituire un’associazione no-profit formata solo da loro stesse e da un terzo amico, a vivere la terribile esperienza della prigionia. Dietro Vanessa e Greta non c’era un’organizzazione. Alle loro spalle non c’era alcuna preparazione se non quella che avevano tentato di maturare sul campo. Nulla. Nessuno ha insegnato a Vanessa e Greta il difficile «mestiere» del volontario. Nessuno (se non le preoccupate raccomandazioni dei genitori) che abbia provato a fermarle. E come loro molti altri volontari, spinti solo dagli ideali, partono allo sbaraglio verso paesi travolti dalla guerra, mettendo a rischio la loro vita e tenendo col fiato sospeso chi li aspetta a casa.

LO SCORSO MARZO

Greta e Vanessa partono per la prima volta insieme con Roberto Andervill, volontario dell’Ipsia, Istituto pace sviluppo innovazione Acli di Varese. Una guida siriana li conduce in piena zona di guerra, nell’area rurale di Idlib, a sud ovest di Aleppo. Raccontano la loro esperienza su Facebook e assicurano di essere sempre «stati accompagnati da personale locale, con un alto grado di sicurezza».

AL LORO RITORNO

in Italia i tre amici danno vita al progetto «Horryaty - assistenza sanitaria in Siria». Non hanno alcun appoggio materiale se non quello di qualche associazione come l’Ipsia. Ma il loro progetto, sotto il nome «Horryaty», «libertà» in arabo, è ambizioso e sproporzionato all’assoluta mancanza di mezzi e finanziamenti. «Attivare un corso base di primo soccorso e rifornire alcune aree di kit di emergenza corredati di tutto il materiale occorrente. Garantire ai pazienti malati di patologie croniche di accedere alle giuste terapie rispettando i tempi, dosi e qualità dei farmaci». Il secondo obiettivo è ancora più alto: «Disporre la zona di un medico italiano che lavorerà in collaborazione con il personale locale».
Il progetto «Horryaty» viene presentato in pubblico in 2 aprile. In maggio le due volontarie tornano in Siria, questa volta senza più Roberto. A fine luglio partono per la terza volta. Hanno raccolto, facendo assoluto volontariato, 5mila euro depositati in una banca turca e subito tramutati in kit sanitari, medicinali, bende, garze, cotone.

ANCORA


una volta nessuno ha cercato di impedire un’avventura in un Paese devastato dalla guerra civile, percorso da bande armate che rapiscono per chiedere il riscatto. Il ministero degli Esteri prova a dissuadere i volontari italiani. Compongono una piccola galassia a rischio, perché oltre a Emergency e alle associazioni più note, ce ne sono altre, come Onsur, Time4Life, Focus on Syria. Poco tempo la Farnesina aveva avvertito Stefania Zannier e Renato de Fazio, appena sbarcati in Turchia, del pericolo di un rapimento. I due volontari avevano voluto proseguire comunque e tutto era andato per il meglio.
Per Vanessa e Greta, sole con il loro ardore missionario, non è accaduto. Nessun allarme le ha raggiunte. O forse l’allarme è rimasto inascoltato.