ROMA
«SOLO
noi di Nave Sirio ne abbiamo salvati più o meno tremila. Tremila esseri umani e un gatto, portato a bordo da una famiglia siriana con due bambini piccoli». Ora che l’ennesima emergenza è passata, sorride il capitano di fregata Marco Bilardi (nella foto), 42 anni, romano, assieme ai 70 uomini che comanda ne ha appena salvati 73.
Soddisfatto?
«Ti chiedi: abbiamo fatto tutto il possibile? Credo di sì».
Cosa le dicono quelli che portate a bordo?



«Sono felici. Ripetono: grazie, in tutte le lingue. E ci chiedono: “Lampedusa?” Tutti conoscono Lampedusa. Ma noi gli spieghiamo che li portiamo in Sicilia, e di solito non hanno la più pallida idea di dove sia».
Cosa la colpisce di più di questi migranti?

«I racconti dei siriani, che parlano della guerra, e dei lutti che le loro famiglie hanno dovuto subire. E poi, specie nei siriani, il coraggio. L’orgoglio. La non rassegnazione. Gli esempi sarebbero infiniti. Mi viene in mente la dedizione di un ragazzo che aveva portato su un barcone suo fratello disabile, con carrozzina e tutto. Lo accudiva con attenzione, con amore. Mi disse: dovevo andarmene, ma non potevo lasciarlo in quell’inferno. O il dentista siriano che si offrì di integrare il nostro team medico almeno per tradurre dall’arabo all’inglese. È gente che ha dignità».
Spesso salvate dei bambini.

«Molto spesso. Siriani, eritrei. Somali. Di tutto. Quando salgono a bordo sono esausti, ma dopo le prime cure, l’idratazione, il riposo, si riprendono. È una gioia vederli che cominciano a giocare giù nell’hangar, magari rivestiti con degli abiti portati dal personale, di sua sponte».
Il ministro dell’Interno dice che lo sforzo non è sostenibile se Frontex non si assume l’onere dell’operazione. Concorda?

«Noi facciamo quello che ci dicono di fare. Siamo militari e siamo sempre a disposizione. La Marina è orgogliosa di salvare queste persone».
A. Farruggia