Giovanni Serafini
PARIGI
SI CHIAMA

Emmanuel Macron, ha 37 anni, è il volto nuovo del governo francese. Manuel Valls ha affidato proprio a lui, un semisconosciuto di 37 anni, esponente dell’ala destra del partito socialista, il prestigioso ministero dell’Economia e dell’Industria fin qui gestito dal ‘ribelle’ Montebourg. È un colpo di scena che ha scatenato rabbia e indignazione all’interno della gauche: se c’è un personaggio che Montebourg e i suoi amici detestano, quello è proprio Macron, ex dirigente della banca d’affari Lazard, ex uomo di fiducia dei Rothschild, per due anni consigliere economico di Hollande, ispiratore del famoso ‘patto di stabilità’ che secondo l’ultrasinistra è stato studiato apposta per concedere nuovi aiuti alle aziende anziché alle famiglie. Enarca, originario di Amiens, Emmanuel Macron ha fama di essere un uomo deciso, di carattere: nel 2007 si è sposato con la sua ex professoressa di francese alle medie, Brigitte Trogneux, che ha vent’anni più di lui.
Altro colpo duro per i ‘frondisti’ che speravano di mettere in crisi Hollande, la nomina a ministro della Pubblica Istruzione di Nadjat Vallaud-Belkacem, 36 anni, fedelissima del presidente: è la prima volta nella storia francese che una donna occupa quel dicastero.
INFINE

, terza botta sferrata da Manuel Valls, la promozione a ministro della Cultura di Fleur Pellerin, coreana di Seul, 41 anni, anche lei ‘hollandista’ a oltranza. Per il resto, nessuna novità: confermati Ségolène Royal e Laurent Fabius rispettivamente all’Ecologia e agli Esteri, Bernard Cazeneuve agli Interni, Michel Sapin alle Finanze. In tutto 16 ministri e 15 sottosegretari, accomunati dall’assoluta obbedienza al presidente. Hollande voleva un esecutivo che garantisse «la coerenza, il rispetto e la solidarietà». Voleva anche — ma non lo ha detto apertamente — un governo «più a destra», evidentemente nella speranza di sottrarre in futuro consensi e voti a Marine Le Pen. È stato ampiamente accontentato.
Che cosa cambia con questa nuova équipe per quanto riguarda la politica europea della Francia? In pratica nulla, se non il fatto che adesso l’Eliseo può contare sul pieno sostegno dell’esecutivo. Macron e Sapin si guarderanno bene dall’indispettire Angela Merkel.
NESSUNO

alzerà la voce contro Berlino per contestare la politica del rigore. Si procederà per piccoli passi, come vuole Hollande, sulla strada della conciliazione e del dialogo. Il moderato Pierre Moscovici, che Parigi vuole piazzare in seno alla Commissione come responsabile dell’economia, perfezionerà l’opera. La Germania, che è già riuscita a conquistare l’adesione della Spagna, non ha più molto da temere ormai dalla Francia. Resta l’Italia, fra pochi giorni presidente di turno dell’Ue. La crisi di Parigi potrebbe davvero giocare in favore di Matteo Renzi: l’Italia ha già fatto non pochi sacrifici e ha rispettato il famoso parametro del 3 per cento deficit/Pil, platealmente violato dalla Francia che ha addirittura superato il 4.