Lorenzo Bianchi
DUE RAPPORTI
dei servizi segreti e una trentina di osservati speciali nel solo Veneto perché ritenuti «vicini» al radicalismo islamico. L’indagine è affidata al Reparto Operativo Speciale dei carabinieri di Padova. Nel registro degli indagati della Procura distrettuale di Venezia sono stati inseriti cinque nomi di indiziati di aver violato l’articolo 270 bis del codice penale, quello che prevede il reato di associazione sovversiva con fini di terrorismo. Sarebbero «reclutatori» di miliziani per la guerra santa islamica in Siria, tutti di origine balcanica. Per la stessa ipotesi di reato è stato aperto da due anni un fascicolo di «complesse indagini» anche a Milano. Risultano indagati 4 siriani, fra i quali spicca il nome di Haisam Sakhanh, vissuto per dieci anni a Cologno Monzese. Da 24 mesi è sparito. E’ sospettato di essere approdato in Siria con diversi connazionali. Un altro snodo cruciale sarebbe Padova. Dalla Città del Santo sono cominciati viaggi all’estero in diverse tappe che hanno soprattutto lo scopo di far perdere le tracce del neofito della jihad. La seconda è l’addestramento militare in un campo di reclute. Secondo i servizi segreti gli «italiani» finiti in Siria sarebbero una cinquantina, di origini arabe, slave e africane. Alcuni hanno ingrossato i ranghi dell’Isis, l’Emirato islamico dell’Iraq e del Levante. Otto sono morti nei combattimenti. Gli italiani convertiti, secondo un investigatore, «si contano sulle dita di una mano».

L’INDAGINE

sui jihadisti veneti ha ripreso quota quando, in gennaio, si è saputo che era caduto in Siria Ismar Mesinovic, imbianchino, sparito con il figlioletto di due anni dopo una tappa, in dicembre, presso la madre in Germania. Le foto circolate sul web lo mostrano esanime a terra. Si era stabilito a Ponte nelle Alpi (Belluno) nel 2005. Lì aveva sposato nel 2011 una cubana che aveva cercato inutilmente di convertire all’Islam. La coppia si era separata. Ismar si era spostato a Longarone. Sul suo profilo Facebook è rimasta la foto gioiosa di lui in maglietta arancione che lancia un piccino in aria (il figlio?) su uno sfondo di montagne. Del suo bimbo non si è più saputo nulla. La madre, che ora abita a Belluno, lo cerca disperata.
A Ponte nelle Alpi l’ex imbianchino frequentava il centro di preghiera
as-Salam. Secondo una fonte che collabora agli accertamenti i 5 indagati a Venezia «gravitavano nello stesso ambito». Nel Veneto, a San Donà di Piave, si esibiva in prediche infuocate anche Abdelbar Raoudi, l’imam marocchino di 27 anni espulso dal ministro dell’interno Angelino Alfano perché in un sermone aveva chiesto ad Allah di sterminare gli ebrei «contandoli uno ad uno». A poche decine di chilometri l’imam di Cremona Adnan Bilal Bosnic in un video postato su internet arringava i fedeli con lo slogan «con esplosivi sul nostro petto costruiamo la via verso il Paradiso». Sono stati gli ultimi, clamorosi, fuochi dei fautori italiani della Guerra Santa.