«ABBIAMO assemblato una buona squadra. Ma non è finita. Mazzarri è già contento. Lavezzi? Stiamo trattando, anche se non è facile». E.T. è più che mai sul pezzo: in arrivo a Milano con un monsone di coincidenze alate, aveva già cominciato a parlare a Madrid, un bel modo per ingannare il tempo in attesa dell’imbarco. Da presidente trappista tra Giacarta e i Navigli, l’indonesiano, in particolare salendo o scendendo scalette sorride sempre a metà strada tra Wanda Osiris e una bambola di porcellana, ma il suo rodaggio da padrone dell’Inter l’ha già finito da tempo. Così quando ieri pomeriggio è approdato vivaddio alla Malpensa, Thohir si è rimesso a parlare come se niente fosse: i fusi orari gli fanno un baffo, sul suolo italico rende omaggio diplomatico al nuovo capo della pedata nazionale: «Andrea Tavecchio, che spero di incontrare presto, cercherà di fare qualcosa per il calcio italiano, anche se non sarà facile. Mi auguro che riesca a far crescere la serie A». Poi il numero uno nerazzurro mostra denti più distesi, o forse è solo un modo molto civile di mordere la realtà: la dipartita (sportiva) di Ricky Alvarez (cotto e mangiato al Sunderland, prestito oneroso di 1 milione sull’unghia e 11 per diritto di riscatto), la caccia al botto o al petardo di fine mercato. Una punta, magari o di sicuro?. «Non abbiamo ancora finito, vediamo cosa si può fare. Shaqiri? Non ne abbiamo mai parlato. Per Lavezzi non ho parlato io con Paris Saint Germain, per la bisogna ci sono Marco Fassone e Piero Ausilio. Tra poco li incontrerò, faremo il punto. Alla chiusura del mercato mancano ancora quattro giorni, c’è ancora tempo». Ma E.T. non vuole passare da parolaio né, si sa, da allegro scialacquatore. Lui tiene molto, e lo dice, al fair-play finanziario. Così, a torta quasi finita si sente soddisfatto: «Puntiamo ad avere una squadra equilibrata tra giovani ed esperti, su una media di 26 anni e mezzo. Mi pare che ormai ci siamo». L’elenco dei compiti portati a termine prosegue: «La squadra è stata rinforzata in ogni reparto, sono arrivati Vidic, Dodò, M’Vila. Siamo contenti, le cose sono andate bene sin qui». E da «sin qui» alla fine del mercato degli alluci ci sarà spazio per la tormentata cessione di Fredy Guarin (Zenit e Manchester United sul filo dei 16 milioni)? Ah, saperlo: «Nei prossimi giorni dovremo valutare se se cedere e poi acquistare giocatori». Poi il ciarliero Erick corre a San Siro a vedersi il pro forma con lo Stjarnan: l’Inter si guadagna l’Europa League con gli onesti e anodini islandesi (l’avversario ideale, se vuoi vincere facile) svillaneggiandoli 6-0 (9-0 in 180’) con la piccola apoteosi di Mateo Kovacic, che ha segnato quasi d’un fiato i suoi primi tre gol all’Inter (meglio tardi che mai) e con il vispo apporto di Osvaldo con una traversa e un gol. Serata di cuccagna: Icardi ci ha messo pure la guarnizione con una doppietta. In tribuna, accanto alla palpebra calante di Thohir, c’era un Moratti ma non era Massimo, bensì il figlio Angelomario.