CON LA STESSA disposizione d’animo l’arcivescovo e i sacerdoti che erano con lui hanno affrontato, per esempio, il tema della comunione ai divorziati, almeno in Europa uno dei più sentiti dall’opinione pubblica, cattolica e no. Padre Pepe Di Paola dice: «Qui da noi la maggior parte delle coppie va direttamente a convivere, senza sposarsi. E il nostro lavoro con loro è essenzialmente quello di fare un racconto cristiano, cercando di avvicinarle e non di respingerle. Se tu opponi loro un rifiuto, in particolar modo dei sacramenti, non otterrai niente, semplicemente resteranno fuori». Il papa che viene dalla strada, che prima di fare il papa era un parroco, ha ben presente queste esigenze. «Bergoglio sa che è così, in Europa, in tutto il mondo e in America Latina», dice padre Pepe, che con il suo arcivescovo ha condiviso fino a poco tempo fa scambi di idee e considerazioni comuni. L’esperienza delle villas miseria è in tal senso fondamentale per comprendere papa Francesco.

«NOI

, i preti delle villas, rispettiamo la gente. Se le persone cercano di comunicarsi, diamo loro la comunione. Non siamo dei giudici che decidono chi si deve comunicare e chi no». Questo per tutti i casi, sia per le coppie sposate sia per altre situazioni. «Questo è ciò che ci insegnava il cardinale». Padre Pepe va diritto al tema: «Parliamoci sinceramente: perché oggi la gente è contenta di papa Francesco? Perché si sente interpretata, si sente valorizzata, non si sente discriminata». Un dubbio che i preti delle periferie argentine non hanno, e che non aveva neppure il cardinale Bergoglio, riguarda il peso della morale sessuale all’interno dei valori cattolici.
Padre Pepe lo ricorda bene. «La morale sessuale per Bergoglio era certamente importante, ma non era ‘il’ tema. La metteva al posto che meritava, non certo al vertice, come invece tradizionalmente ha fatto la chiesa di Roma. C’è una sorta di sessuofobia che ha dominato la dottrina nei secoli. Tutto si riconduceva al sesso, la morale era un lungo elenco di proibizioni legate al sesso e magari non si diceva niente su altri temi altrettanto importanti come la povertà, l’onestà, il pagare le tasse, il rispetto o altro ancora. Questo è quello che Bergoglio ci diceva, quello che lui ci insegnava: mai cadere in un giudizio categorico immediato, mai dare giudizi precostituiti». Ed eccoci al tema della comunione ai divorziati. «Per esempio, stiamo negando la comunione a persone divorziate che se potessero adire a un tribunale ecclesiastico otterrebbero la dichiarazione di nullità e si risposerebbero. Sappiamo, però, che spesso i tribunali ecclesiastici interpretano i casi in modo estremamente soggettivo, e che tutto dipende dalle condizioni economiche di chi accede. Sappiamo anche che qui come in Europa la maggioranza dei matrimoni sono invalidi, perché la gente si è sposata immatura. E su questo punto, grande responsabilità hanno i preti e i vescovi. Criticano noi perché diamo la comunione a quelli che convivono, poi ammettono al sacramento del matrimonio coppie non credenti, che si sposano in chiesa tanto per avere una bella basilica piena di fiori».

«È LA VERITÀ

, lo sappiamo tutti, ma vedo che la chiesa ufficiale spesso si volta dall’altra parte e fa finta di niente. Bergoglio invece queste dinamiche le conosceva, perché ne parlavamo sempre, ed era cosciente che bisognava promuovere dei cambiamenti. La chiesa deve fare mea culpa, perché alla fine stiamo creando sofferenza a chi vorrebbe far parte a pieno titolo della chiesa, senza sentirsi figlio di un dio minore».
I preti delle villas sanno che prima o poi qualche novità arriverà. Conoscono Bergoglio e le sue idee. «Credo che questo fronte il papa dovrà e vorrà aprirlo, per cambiarlo. Almeno mi pare che sia in questo spirito».