Andrea Massaro
JESI (Ancona)
UN RAGAZZO

di colore che corre a torso nudo sotto la pioggia vibrando due machete in mano, gli occhi impietriti di una signora che viene sfiorata da una delle lame vibrate nell’aria zuppa di pioggia e tutt’attorno un ululare di grida impregnate di terrore vivo. Una scena degna di Quentin Tarantino quella vissuta ieri sera a Jesi, che riporta la mente ad altri episodi di follia, su tutti quello che vide protagonista il ghanese Kabobo a Milano.
Per fermare un giovane nigeriano che, attorno alle 19.45 di ieri, aveva sfondato con una grossa pietra la vetrina di un arrotino in zona Portavalle rubando sei machete, i carabinieri sono dovuti ricorrere alle maniere forti. Hanno dovuto sparare prima 4-5 colpi in aria a scopo intimidatorio. Poi hanno mirato a un piede per indebolirlo e impedirgli di correre ancora all’impazzata rischiando di ‘accettare’ qualcuno. Nel tentativo di placcarlo, il comandante dei carabinieri di Jesi, il capitano Mauro Epifani, è rimasto lievemente ferito al fianco sinistro da un colpo di striscio con uno dei machete. L’uomo è 26enne pluripregiudicato. Potrebbe aver agito sotto l’effetto di droghe.

UN’ORA


abbondante di follia nel centro storico di Jesi. Il nigeriano, che abita con la mamma a Jesi, viene visto correre seminudo per strada. Si ferma davanti a un negozio da arrotino che vende anche coltelli e con una grossa pietra sfonda la vetrata. Poi affonda la mano e afferra sei machete. La scena verrà interamente ripresa con uno smartphone da uno dei residenti delle palazzine che si affacciano sulla stessa strada. Il ragazzo molla quattro dei sei machete e ne impugna due, uno per mano. Poi inizia a correre. Attraversa una galleria commerciale, passando accanto ad alcuni passanti che non hanno il tempo di rendersi conto di ciò che sta accadendo. Il nigeriano ha già i carabinieri e la polizia alle costole.
Le forze dell’ordine erano state allertate da una prima telefonata giunta da una residente che, mentre parlava al telefono con la figlia, è rimasta di sasso davanti a quella scena. La donna ha dato l’allarme immediatamente e questa tempestività potrebbe aver salvato diverse vite umane. Nel frattempo, il nigeriano aveva raggiunto i giardini pubblici in zona Portavalle. I carabinieri e i poliziotti, pistole in pugno lo hanno circondato, intimandogli più volte di abbandonare le armi, di calmarsi. Il ragazzo delirava: urlava frasi sconnesse nella sua lingua e in inglese. A far da sottofondo le urla di alcuni ragazzini che stavano assistendo alla scena e la paura tangibile dei passanti attirati da quel trambusto.

PER ALMENO


venti minuti carabinieri e agenti tentano inutilmente di placare l’ira del nigeriano che però non si arrende e scappa verso il cuore della città, salendo di corsa le Scalette della morte. A metà strada imbocca piazza Baccio Pontelli. Capisce che ormai è in un vicolo cieco, ma continua a correre armato. E mentre agita i due machete sfiora una passante che fa appena a tempo a scansarsi. La donna afferra il telefonino e chiama il 112. I carabinieri lo stanno già inseguendo e riescono a braccare l’africano davanti alla chiesa di San Pietro. I portoni sono chiusi, il ragazzo, ancora armato, non può più andare da nessuna parte. Nel frattempo le forze dell’ordine avevano rintracciato i familiari. La madre lo implora di calmarsi, di fermarsi.

HA PAURA

che per il figlio possa finire nel peggiore dei modi. Il nigeriano viene colpito a un piede con un colpo d’arma da fuoco. Un carabiniere si avventa su di lui e lo placca. Ora l’uomo è in stato d’arresto. È rimasto ferito ma non è grave. Ai carabinieri dovrà molti perché su questo pomeriggio di follia che sarebbe potuto sfociare in tragedia.