Achille Perego
MILANO
L’ULTIMA

tegola è caduta con la cancellazione (decisa dal governo per finanziare il decreto taglia-bollette per le Pmi) delle tariffe agevolate dell’energia per il trasporto ferroviario. Un conto da 15-20 milioni a regime che Ntv, la società che con Italo ha lanciato la sfida nell’Alta Velocità ferroviaria al Frecciarossa, dovrà pagare dal 2015. E che si aggiunge al maxi-canone da 105 milioni l’anno sborsati per l’accesso alla rete. Così il viaggio verso il pareggio di bilancio di Ntv, fondata nel 2006 da Luca di Montezemolo, Diego Della Valle, Gianni Punzo e Giuseppe Sciarrone, è diventato più difficile e il break-even spostato al 2016.

MA SE I CONTI

sono in rosso (circa 156 milioni di perdite nel biennio) e pesano i 660 milioni di debiti con le banche (per cui a breve partirà la trattativa per la ristrutturazione), Italo non ha alcuna intenzione di finire su un binario morto. «Una cosa deve essere chiara: nonostante i tanti ostacoli e regole del gioco che cambiano (in peggio) ogni giorno, Ntv non molla», ha spiegato Antonello Perricone. «Rimarremo in pista – aggiunge il presidente di Ntv – anche per evitare all’Italia l’onta del fallimento della più importante liberalizzazione degli ultimi vent’anni, ed è davvero paradossale che a preoccuparsi di questo debba essere un’impresa privata e non il Governo».
La discesa in campo di Perricone è giunta dopo le indiscrezioni di stampa sulla messa in mobilità di 300 dipendenti su mille, che ha allarmato i sindacati. E un tweet di Maurizio Gasparri che anticipava la chiusura di Italo: «Siete quasi falliti, rischioso comprare i biglietti». Dopo averlo definito «un triste modo di fare politica», Ntv prepara la querela. «Trovo inaccettabile, gravissimo e anche vergognoso — attacca Perricone — che un vicepresidente del Senato abbia scritto quelle cose. E trovo sorprendente che nessuno della politica abbia reagito».

PERRICONE


non commenta l’indiscrezione sui 300 esuberi ma riconosce che Ntv è impegnata in una dura operazione di ristrutturazione del modello industriale. Da tempo vengono tagliati i costi, sono stati rivisti i contratti di fornitura, introdotti i contratti di solidarietà e ridotti gli stipendi ai dirigenti. Salvaguardano la qualità di un servizio premiata con la crescita dei viaggiatori che quest’anno supereranno i 6,5 milioni.
Ma ridurre i costi non basta se la liberalizzazione dei binari resta incompleta «lasciandoci a metà del guado». Senza un arbitro super partes (l’Autorità dei Trasporti, nata con grande ritardo un anno fa, non è ancora pienamente operativa) e con larghi settori della politica che «agli indubbi benefici della concorrenza preferiscono il monopolio, più controllabile». Sfidare il gigantesco monopolio delle Ferrovie «è un’opera da far tremare i polsi. Contavamo sulla certezza delle regole – chiosa Perricone – ma sembra che non sia proprio di questa Italia».