{{IMG_SX}}Berlino, 12 febbraio 2008- Johnnie To cambia tutto e spiazza la Berlinale. Lontano da temi e atmosfere degli ultimi 'Election' ed 'Exiled', visti a Cannes e Venezia, il regista di Hong Kong diverte in concorso con uno spensierato e surreale omaggio alla sua città.

 

Senso e spirito di 'The Sparrow', ovvero 'Il passerotto', sono tutti nel doppio senso del titolo internazionale: "Vederne uno - spiega To - è da noi considerato un buon auspicio. Allo stesso tempo, con questo soprannome indica però anche i borseggiatori". È proprio dalle rocambolesche vicende di quattro ladruncoli di strada, che il regista parte infatti per il suo elegante e poetico ritratto di una realtà in rapidissima evoluzione: "Hong Kong è una città profondamente cinese, ma che ha risentito molto dell'influenza inglese. Una commistione unica, alla base di forti contrasti che ho vissuto in prima persona e ho cercato quindi di fotografare nel film".

Osservatorio prescelto è la sguardo di Kei e della sua banda, malviventi di basso rango specializzati nel furto con destrezza, ma col pallino della fotografia e il cuore tenero. Scandite dall'ironia di una musica sempre incalzante, le loro azioni ai danni di facoltosi passanti assumono insieme alla città sullo sfondo il valore di vere e proprie coreografie.

 

Variabile impazzita, nella quotidianità di questo raffazzonato manipolo di sprovveduti, è l'incontro con una bellissima donna, in cui per primo s'imbatte il protagonista nel corso di un raid fotografico: "Incarna il terzo motivo per cui ho dato questo titolo al film - prosegue To -. Con la sua eleganza, il suo mistero e la rapidità con cui appare e scompare, è anche lei un passerotto". Proprio la caccia a questa incantevole apparizione, catapulta i quattro in una lotta senza quartiere con un potente boss della malavita.

Sfide a colpi di borseggi e contese per il prezioso ostaggio sono però poco più di un pretesto per lo sfoggio estetico delle inquadrature e la città che ne emerge come protagonista: "Soprattutto negli ultimi anni Hong Kong è cambiata moltissimo. Tanti edifici che rappresentavano la memoria storica sono stati rimpiazzati da modernissimi grattacieli. Un cambiamento che ho voluto fotografare, insieme al declino degli stessi borseggiatori. Anche loro, che prima appartenevano in qualche modo alla cultura della città, stanno pian piano scomparendo dalle nostre strade".

 

Un lavoro certosino, quello di cogliere lo spirito del cambiamento, che ha richiesto a Johnnie To una lavorazione lunghissima: "A questo film stavo lavorando da ben quattro anni. Alla fine i finanziatori si stavano spazientendo, così ho dovuto accelerare i tempi. Per raggiungere l'obiettivo che andavo inseguendo, avevo però bisogno proprio di questo. Non potevo riuscire a restituire la complessità di Hong Kong, comprimendo le riprese in pochissime settimane".

A gioire della difficile gestazione del film sono però gli attori. Quello che intonano in coro l'elegantissima Kelly Lin e il protagonista Lam Ka Tung è infatti un vero e proprio osanna del regista: "Considero Johnnie un maestro - racconta l'attrice -. È un'inesauribile fonte di stimoli e sfide, da cui non mi stancherei mai d'imparare". "Il nostro lavoro è durato quattro anni - conclude il compagno di set -, ma io avrei continuato volentieri per altri due. Dividere quel set con lui è stata una scuola".