Parigi, 14 ottobre 2013 - IN PRINCIPIO fu Rosa Fumetto, l’unica nostra connazionale “arruolata” dal mitico Crazy Horse di Parigi. Capelli neri a caschetto, zigomi scolpiti, taglio d’occhi orientaleggiante, turbò il sonno degli italiani sul finire degli anni Settanta, alla stregua delle incontrastate regine della commedia sexy, come Edwige Fenech, Nadia Cassini, Barbara Bouchet. Nonostante fosse torinese doc, Rosa Fumetto, all’anagrafe Patrizia Novarini, parlava con un irresistibile accento francese ed aveva un lato B che per certi versi aveva lo stesso irresistibile accento.


A DISTANZA di quasi 40 anni, un’altra italiana, Deborah Lettieri, è arrivata al Crazy Horse. Classe 1983, nata nel segno del Leone, parmigiana doc, fisico all’altezza del ruolo. Per ora Rosa Fumetto l’ha conosciuta su Facebook, ma spera di incontrtarla per carpirle qualche quale suggerimento.
«Per riuscire a fare della mia passione anche la mia vita sono dovuta venire in Francia» racconta con un pizzico di rammarico, perché l’Italia, vista da Parigi, «rimane il Paese più bello del mondo, ma dal punto di vista occupazionale, offre sempre meno opportunità. In campo artistico, poi, è davvero molto difficile trovare un impiego che ti consenta di vivere».


DEBORAH, nome d’arte Gloria di Parma, ha un background di ballerina. Rimasta orfana di madre quando aveva pochi mesi, si è avvicinata alla danza da bambina. Classica e moderna, contestualmente agli studi commerciali, la danza l’ha anche insegnata, ha fatto mille lavoretti saltuari, tra i quali anche la figurante al Regio nella stagione della lirica. Parla tre lingue e ha studiato anche a New York con Jana Hicks e Marijke Eliasberg, le coreografe del “The next stage project”. Due anni e mezzo fa, su consiglio della sua insegnante italiana, Manuela Sirocchi e di Willy Laury, ballerino parigino della compagnia americana di Alvin Ailey, decide di inviare curriculum e foto al Crazy Horse di Parigi. La invitano a un’audizione, la supera brillantemente.


«A DIRE la verità sulle prime ero un po’ titubante, perché si tratta di uno spettacolo di nudo e mai avrei pensato di avvicinarmi a questo genere. Pregiudizi e remore, però, si sono dissolti quando ho assistito allo show dal vivo. La mia insegnante aveva ragione, è stato amore a prima vista. Lo spettacolo è assolutamente unico, va visto: è talmente tante cose insieme che è perfino difficile spiegare che cos’è».
Il 5 aprile 2012 “Gloria di Parma” fa il suo debutto parigino nella rivista più celebre del mondo, ma la “maglia” da titolare, con una metafora sportiva, l’ha conquistato solo da qualche mese. Contratto blindato e posto fisso: danza a parte, è il sogno di ogni ragazza italiana.
«Da noi opportunità simili non esistono nel mondo dell’arte. C’è una cultura diversa. Ancora oggi, quando racconto che faccio la ballerina mi sento rispondere: sì, d’accordo, ma che lavoro fai?».
Con Deborah, all’estero non è fuggito soltanto il cervello, ma anche tutto il resto. «Ovviamente l’immagine del Crazy Horse è importante e il fisico pure, ma c’è anche tanto altro. Per fare questo spettacolo a 18-20 anni devi avere un particolare talento, non basta essere brave e belle, bisogna essere donne nella pienezza del termine, saper esprimere quel mix di malizia e sensualità».


LE RAFFINATE allusione del burlesque stanno ottenendo un buon successo anche in Italia, ma nel nostro Paese non esiste un Crazy Horse. Chissà per quale ragione, forse perché la nostra è una società che si specchia molto nella tivù e la tivù tende ad escludere raffinatezza, gusto, charme...
«Si gira sempre attorno al solito punto: secondo me è un problema di modelli culturali. Ora è vincente la televisione, se non vai in tivù non sei nessuno, non esisti. Lo dico con un profondo senso di tristezza perché l’Italia è stata la culla dell’arte e della cultura. C’è anche un problema di formazione, non ci sono riconoscimenti, diplomi, opportunità. Quello dell’arte è un mondo poco tutelato».

di Lorenzo Sani