Roma, 1 novembre 2013 - «Un autogol terrificante». Il premio Nobel Dario Fo censurato dal Vaticano: quello spettacolo da un testo della moglie Franca Rame, previsto in scena all’Auditorium della Conciliazione (di proprietà della Santa Sede), non s’ha da fare. E sì che ultimamente un mangiapreti come lui non ha fatto altro che spendere parole di apprezzamento verso Papa Francesco, parole su cui nemmeno ora si ricrede. Ma non può fare a meno di denunciare pubblicamente l’ennesimo caso di ostracismo anche se con la feroce grazia irridente che è nella sua cifra artistica. «Mi hanno fatto un grande regalo, perché così non fanno che farmi pubblicità. Ora tanti teatri a Roma vorranno ancora di più questo spettacolo. Come è successo anche quando ci hanno cacciato dalla Rai. Siamo diventati una delle compagnie che faceva i maggiori incassi in Italia». Si è dunque verificato uno degli paradossi emblematici della sua poetica: "Il divertimento sta proprio nello scoprire che il contrario sta in piedi meglio del luogo comune”.
E se da una parte essere censurato a 87 anni, età in cui i comuni mortali sovente si addormentano su se stessi, può essere considerato motivo di orgoglio, dall’altra Fo non si aspettava questa chiusura, dopo le tante che ha digerito in passato.

La mancata autorizzazione da parte della Santa Sede per la rappresentazione, prevista secondo gli accordi preliminari, per il 18 gennaio, all’Auditorium Conciliazione di 'Fuga dal Senato', lo spettacolo-reading che Fo ha tratto dal libro di Franca Rame, pubblicato postumo da Chiarelettere, in cui l’attrice ha raccontato la sua esperienza di senatrice dal 2006 alle dimissioni nel 2008, e delle sue battaglie di una vita. «Exultamus! Abbiamo tutti gridato di gioia per l’apparizione di Papa Francesco. Il fatto è che la sua elezione - ha scritto ieri Dario Fo in una lettera aperta - è qualcosa di davvero straordinario poiché questo Papa è il simbolo eccezionale del rinnovamento della Chiesa. L’evoluzione del rapporto tra il Vaticano e le persone comuni ci giunge questo nuovo pontefice, egli non si limita ad un diverso linguaggio ma si muove andando verso la gente, prima ancora che la gente venga verso di lui. Tutti però si rendono conto che in questo contesto il cambiamento è frenato, soprattutto dall’interno della Chiesa».

Che cosa c’è di tanto strano in questa opera teatrale? Fo spiega: «E’ un’opera che racchiude un’esperienza di vita. E questa messa in scena - che vedrà il debutto su palcoscenici di molte città da Genova la prossima settimana - narra anche delle violenze che i miseri debbono subire ogni giorno e degli sbarchi di clandestini che spesso perdono la propria vita in cerca di una esistenza degna e civile. Il particolare che va sottolineato è che in quel teatro abbiamo altre volte recitato, a cominciare da 'Mistero Buffo'. Ora veniamo a sapere che la Santa Sede non ci autorizza. Esplicitamente hanno dichiarato: «Niente palcoscenico per Dario Fo e Franca Rame». «E qui - conclude il premio Nobel - chiudiamo esprimendo uno stupore incredibile. Come può una Chiesa continuare con gli ostruzionismi da guerra fredda che in Italia abbiamo subito nell’ultimo mezzo secolo, ancora con la censura e il divieto? E ciò significa buttare un’ombra lunga e grigia sullo splendore e la gioia che Papa Francesco ci sta regalando».

Annalisa Siani