Bologna, 26 giugno 2014 - Il Vasco Rossi che ho incontrato domenica allo Stadio Olimpico in una lunga conversazione, che sarà trasmessa stasera dalle 21 nella diretta da roxybar.tv e sulle testate QN, è un uomo nuovo ma è quello di sempre. Con ancora più determinazione. Vasco è più di un numero 1, è un artista unico e irripetibile, il più grande nella storia dell’Italia musicale. E non perché stabilisce un altro record di 3 volte consecutive allo stadio Olimpico ed eguaglia il suo di 4 volte a San Siro (per un totale di 21 sold out nello stadio di Milan e Inter, che giustamente definisce “Il mio locale”). Questi sono numeri, per quanto importanti, e i numeri rimangono solo nei libri di storia, ma la storia la crei con le emozioni e in questo con Vasco non c’è storia: è il più eterno.

E quando afferma che non moriremo mai, scrivendo: "E' nella natura umana la convinzione di essere immortali. Noi infatti non sperimentiamo mai la nostra morte. Fino all’attimo di morire saremo ancora vivi. E una volta morti nulla di noi resterà per capire che siamo morti. Quindi in realtà noi non moriremo mai”.
Qui Vasco non considera l’eternità delle emozioni che trasmette, che sono indelebili e condivisibili nella storia come in noi stessi. Vedere ragazzini che piangono cantando con lui “Finché eravamo giovani era tutta un’altra cosa, chissà perché…” è incomprensibile se non consideri che tutti abbiamo avuto una fase più giovane e spensierata, che per qualcuno può essere quella dei primi amori e per un altro l’asilo, dove non c’erano interrogazioni. Questa è la magia delle canzoni, perché creano identificazione. Ma solo quelle che partono dal cuore. E Vasco è vero in ogni cosa che scrive, perché si strappa una parte di sé e riesce a fonderla perfettamente nella musica che, come un tappeto volante, la porta per magia in ogni cuore.

Mi ha raccontato, per la prima volta, il concetto di canzone come fatto consolatorio, per aiutarci a non sentirci soli nella vita che dobbiamo affrontare. Ma ha ribadito il suo ruolo di provocatore, per tenere sveglie le coscienze. Anche se è andato bel oltre, perché dopo anni di attacchi al sistema, la cui forza oggi è ancora più esasperata in un concerto mai tanto heavy e duro come quello di questo Live Kom 014, Vasco canta che il vero cambiamento deve avvenire in noi stessi: “Cambiare mondo è quasi impossibile. Si può cambiare solo se stessi. Sembra poco, ma se ci riuscissi faresti la Rivoluzione”. Così facendo, unisce la forza esterna de 'Gli spari sopra' a quella interna di 'Cambia-menti'.

Vasco considera le canzoni come dei capitoli, iniziati nel 1977 e che incredibilmente continuano fino all’ultima 'Dannate nuvole', che descrive: “Racconta di quando sono nel mondo della fantasia, nel mio mondo nel quale vivo molto tempo, da solo. Dannate nuvole perché voglio dirti che non sono in paradiso quando sono lì, perché ci sono picchi alti e bassi. Io sono un esploratore della mente umana. Quando sono in queste dannate nuvole vedo le cose che sfuggono dalla mia mente, perché faccio il vuoto, niente dura niente. Che poi in fondo è il “tutto scorre” di Eraclito. Però non ti ci abitui mai alle cose che finiscono. Ed è una tragedia. Qualcuno ha scritto che questa è una canzone depressa, no è tragica, nello stile della tragedia greca sulla vita. Con noi eroi, perché continuiamo ad andare avanti. Io ho problemi con le cose che finiscono.” Le emozioni che Vasco riesce miracolosamente a trasmettere non finiranno mai.

di Red Ronnie