dall’inviato Silvio Danese
Locarno, 13 agosto 2011 - MADAME Claudià, o signora Cardinale, o Angelica, quel fiore ventenne (perché così si resta sempre negli occhi di celluloide) che volteggiava come una colombella tra le braccia del principe di Salina, tunisina, italiana, parigina, hollywoodiana, ha ritirato l'altro ieri sera il Pardo alla carriera del 64esimo Festival di Locarno, osannata dai 6mila di Piazza Grande.

La carriera, al cinema, è senza età. I fotogrammi vincono su ogni specchio. Ma, nel caso si presenti la Strega di Biancaneve: «Non puoi fermare il tempo. Niente lifting, detesto queste cose, e molta attività. Non abbassare mai le braccia, andare avanti sempre» dice Claudia Cardinale, ditino pronto sul bottone che abbassa la saracinesca sulla vita privata: «Voglio essere giudicata per il mio lavoro, non per la mia vita. E’ per questo che sono andata a vivere in Francia. Ho lasciato alle spalle i paparazzi italiani. Quando ho fatto “Le pistolere” doveva succedere chissa cosa con Brigitte Bardot. Dicevano BB contro CC. I paparazzi sono rimasti delusi».

NELL’ELENCO che si fa con lei, tra Sergio Leone (“C’era una volta il west”) e Blake Edwards (“La pantera rosa”), Richard Brooks (“I professionisti” e Zurlini (“La ragazza con la valigia”), Monicelli (“I soliti ignoti”), Squitieri (da “Claretta” all’ultimo “Father”), un sorriso per l’uno, un «magnifico» per l’altro e un «mi ricordo bene ancora», ci si ferma in stazione con Visconti e Fellini: «Hanno determinato la mia carriera, Luchino preciso e implacabile, Federico fantasioso, uno che ci inchiodava con la sceneggiatura e non voleva sentir volare una mosca, non una parola diversa dalla sceneggiatura, l’altro che riusciva a girare solo se intorno aveva il caos, senza sceneggiatura, con l’idea d’improvvisare. Non è stato facile, lavoravo nello stesso tempo con entrambi, quando andavo sul set del “Gattopardo” Visconti mi voleva bruna, quando mi spostavo sul set di 8 e 1/2 Fellini mi voleva bionda. E io con quei capelli così lunghi... I due non si amavano. E io andavo da una parte all’altra. Sul set di Visconti non entrava neanche il produttore, oggi è una cosa inimmaginabile. Da Fellini c’erano i capannelli e tutto un chiasso. Quanto invece mi sono divertita con Blake Edwards, lui era proprio uno pazzo, e poi ho conosciuto David Niven, che mi ha detto: “Con gli spaghetti, tu sei la più bella invenzione degli italiani”». Le scappa che di matti ne ha incontrati proprio tanti sul set: «Girare “Fitzcarraldo” è stata forse l’avventura più bella della mia vita. Il protagonista prescelto era Jason Robards, ma Jason non era pronto, era dura, in quella natura incredibile, violenta, e un giorno è salito su un albero e ha detto che non sarebbe mai sceso se non per una New York Steak. Hanno chiamato una psicologa per tentare di convincerlo a scendere. Allora è arrivato il nuovo protagonista, Klaus Kinski. E lui era ancora più matto, questo lo sapete».