Roma, 17 novembre 2012 - Alessandro Gassman debutta alla regia cinematografica con ‘Razzabastarda’, presentato stasera in concorso nella sezione Prospettive Italia al Festival Internazionale del Film di Roma. Un film sulla realtà degli immigrati romeni in un quartiere periferico di Roma che il regista definisce “lontano cugino di ‘La Haine - L’odio’, film di Mathieu Kassovitz del 1995 sulle Banlieue di Parigi”.

La pellicola è un adattamento della piece teatrale portata da De Niro in scena a Off Broadway nel 1984, ‘Cuba and His Teddy Bear’ di Reinaldo Povod, che racconta la storia toccante di un rapporto d’amore irrisolto tra un padre, spacciatore di eroina, e un figlio tossicodipendente ambientata tra i profughi cubani nel Bronx negli anni ‘60.

“Per tre anni ho portato in scena questa piece, trasportando la scena nel quartiere romano del Casilino ai giorni nostri in ‘Roman e il suo cucciolo’ - spiega Alessandro Gassman -. Lo spettacolo ha avuto un grande successo, è stato visto da 280mila persone e il protagonista è entrato in me al punto che quando ho deciso di fare un film da regista, non ho dovuto pensare alla mia parte recitativa”.

Roman è un immigrato romeno giunto in Italia trenta anni fa. La sua esistenza non è riuscita a districarsi dai giri dello spaccio di cocaina e dagli ambienti della piccola delinquenza. Ma Roman ha un sogno a cui non è disposto a rinunciare: dare a suo figlio Nicu, che ha allevato senza madre, un’esistenza diversa e migliore. Ma un ragazzo che da sempre ha respirato un certo ambiente e determinate dinamiche difficilmente riuscira’ a desiderare di essere qualcosa di diverso.

Razzabastarda’ è girato in bianco e nero, scelta stilistica che Gassman riconduce addirittura alla piece teatrale. “Ho sempre immaginato questo testo in bianco e nero - spiega il regista - un mondo non elegante, sporco. In teatro non potevo togliere i colori, ma nel film l’ho fatto e sono soddisfatto”.

Dopo tanti anni dal debutto lontanissimo sul palcoscenico in ‘Affabulazione' di Pasolini accanto al padre (“è stato un trauma da cui non mi sono più ripreso”, scherza), il passaggio dietro la macchina da presa con un testo che riporta a Pasolini e a certa cinematografia di periferia. “Non ho pensato a Pasolini - ammette Gassman - ma di sicuro il mondo delle borgate che raccontava poteva essere riconducibile a quello dei miei romeni. Il mio film di riferimento, comunque, di cui ‘Razzabastarda’ potrebbe essere considerato un lontano cugino, è ‘La Haine-l’odio’ di Mathieu Kassovitz: le banlieue parigine, la sua periferia francese di immigrati e la scelta del bianco e nero”. Inevitabile per il figlio del grande Vittorio Gassman un pensiero al padre.

 “Cosa avrebbe pensato di questa mia regia? Credo che avrebbe amato il film, una storia credibile ma non totalmente realistica. Mio padre - conclude - avrebbe sicuramente apprezzato il lavoro dei miei attori che, da 7 che erano in teatro, sono diventati 40 nel film”.