Roma, 27 ottobre 2013 - Cadono come le foglie in autunno i fenomeni del cinema italiano, di una stagione eccezionale e difficilmente ripetibile di artigianalità che si faceva arte. Oggi se n'è andato un altro mostro sacro del grande schermo: Luigi Magni. Regista e sceneggiatore, a 85 anni ha raggiunto molti amici dei bei tempi. Non ha scelto l'attimo come Carlo Lizzani (suicida il 5 ottobre sulle orme di Mario Monicelli): se n'è andato in casa con il consueto disincanto che celava l'ironica osservazione di una romanità vissuta come paradigma della natura umana. Una specie di Belli in sedia da regista.

VITA E CARRIERA - Romano di Roma (era nato il 21 marzo del 1928), aveva festeggiato nel 2008 con un David di Donatello alla carriera i suoi primi 40 anni da regista, ma con le grandi famiglie della commedia
italiana trafficava da ben prima.  I suoi primi compagni d'avventura furono due coppie che hanno fatto la storia italiana, come Garinei&Giovannini e Age&Scarpelli. Arruolato come battutista e poi collaboratore ai copioni per rivista e commedie musicali con cui l'Italia voleva sorridere ad ogni costo dopo la tragedia della guerra e le fatiche della ricostruzione, non ci mise molto a spiccare il salto verso il grande cinema. Arrivò al successo nel 1969 con il suo secondo lavoro, "Nell’anno del Signore", commedia ambientata nella Roma papalina e risorgimentale, ondeggiando tra l’aspetto farsesco e quello drammatico, con un linguaggio squisitamente romano e la superba interpretazione di Nino Manfredi. Poi ecco "La Tosca" (1973) con Monica Vitti e Gigi Proietti.

GIGI E NINO - Il primo David di Donatello arrivò con "In nome del Papa Re" (1977), sempre con Nino manfredi per sodale, dove riprese la vera storia dell'arresto e dell'esecuzione dei patrioti Targhini e Montanari ghigliottinati a Piazza del Popolo nel 1825 e cantati da Pasquino in aperto scontro con il Papa Re: una contro-storia dell'Italia risorgimentale, un invito agli italiani in forma di ballata popolare affinché si riappropriassero della propria memoria tenendo distante la retorica savoiarda e poi mussoliniana. Poi ecco "Arrivano i bersaglieri" (1980) con Ugo Tognazzi e un giovane Vittorio Mezzogiorno, che chhiude il ciclo dei suoi quattro grandi film dal 1969 al 1980, alternati a scorribande originali come "La via dei Babbuini" (1974), il biografico "State buoni se potete" (1984) con Johnny Dorelli nei panni di San Filippo Neri, alcune commedie a episodi e un altro dittico sulla storia di Roma, sprofondato però nell'antichità: l'originale "Scipione detto anche l'africano" (1971) con l'inedita coppia di Marcello Mastroianni e di suo fratello Ruggero e poi "Secondo Ponzio Pilato" (1987) con Nino Manfredi governatore della Giudea.

IL RESTO - Altri suoi film non sempre adeguatamente celebrati furono "Secondo Ponzio Pilato" (1987), " ’O Re" (1988), "In nome del popolo sovrano” (1990), "Nemici d’infanzia" (1995) e "La Carbonara" (2000). Dopo la morte di Manfredi, nel 2004, non ha più voluto dirigere film. Nel 2008 ricevette il David di Donatello alla carriera per celebrare i suoi 80 anni e i 40 di attività artistica. Il suo stile asciutto piaceva più alla gente che ai critici.

IL CARATTERE - Schivo, silenzioso, talvolta scontroso in pubblico e invece delizioso in privato, innamorato da sempre della stessa donna, Magni nascondeva sotto la maschera dello scetticismo una passione civile degna dell'amico Monicelli. Fu in prima fila nelle battaglie dell'Anac (l'Associazione degli autori italiani) e rifiutò spesso occasioni d'oro come per esempio dopo il clamoroso successo di "Rugantino" che gli garantiva contratti favolosi alla corte di Garinei&Giovannini. Amava il cinema semplice, detestava le mode, coltivava la lingua romanesca come un tesoro, viveva all'ombra di Via Margutta, era adorato dai suoi attori come dalla gente del quartiere e alle cene di Otello a Via della croce era di casa. Sulla sua medaglia di Grand'Ufficiale amava scherzare, ma si vedeva che, nel fondo, la conservava con orgoglio. I funerali saranno celebrati martedì alla Chiesa degli artisti di Piazza del Popolo.