MILANO, 16 DICEMBRE 2013 - “PER UN PUGNO di dollari” vale una montagna di euro. Per l’esattezza, fra 65 e 75 milioni. Così, almeno, sta dicendo il mercato nel valutare la Leone Film Group spa, la società fondata dall’inventore dello spaghetti western che debutterà in Borsa mercoledì prossimo. Sergio Leone la creò nel 1989 per produrre il kolossal “Leningrado”. L’improvvisa morte del maestro, il 30 aprile dello stesso anno, la consegnò agli eredi come una scatola semivuota: il copione del film, riambientato a Stalingrado, prese forma solo nel 2001 con “Nemico alle Porte” di Jean Jacques Annaud, e di tutta l’opera di Leone rimanevano in cassa solo due pellicole, “Il colosso di Rodi” e “Il buono, il brutto e il cattivo”. Oggi ha una library di 400 titoli di proprietà, produce o coproduce film di spessore internazionale come quelli di Gabriele Muccino (“Quello che so dell’amore” e il prossimo “Fathers and daughters” con Russel Crowe), distribuisce successi planetari come “Rush” e, grazie a un accordo firmato con Dreamworks di Stephen Spielberg, la prossima fatica di Martin Scorsese, “The Wolf of Wall Street” con Leonardo DiCaprio.

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L’HANNO RICOSTRUITA, o forse costruita tout court, i due figli Raffaella e Andrea, ricomprando uno ad uno tutti i film del padre e pian piano ricucendo i rapporti con Hollywood dove grandissimi come Clint Easwood e Robert De Niro devono tanto all’italiano che li scoprì negli anni 70. «In 25 anni di duro lavoro abbiamo riportato a casa tutti i nostri fratelli sparsi per il mondo - dice oggi Andrea che divide il controllo della società, fifty fifty, con la sorella -. Ora, con la decisione di aumentare il capitale e quotarci in Borsa vogliamo dimostrare che anche in Italia il cinema può essere un business». Solo una volta, ammette Andrea, gli eredi manager di Sergio Leone hanno ceduto «alle ragioni del cuore anziché a quelle del portafoglio»: è successo quando si è trattato di far rientrare l’ultimo figliol prodigo errante, “C’era una volta in America”. «L’abbiamo strapagato - racconta Andrea - poi però, aggiungendo una trentina di minuti dell’originale tagliati da nostro padre, siamo riusciti a rientrare di un investimento un po’ spericolato». Per il resto Andrea e Raffaella hanno badato al sodo.


AL DEBUTTO di dopodomani, sul «mercatino» di Piazza Affari riservato alle piccole società, l’Aim, la Leone Films si presenta con un profitto operativo di 6,2 milioni di euro nel semestre (6,7 milioni nell’intero 2012 e 11,7 nel 2011) su ricavi a 8,8 milioni e un utile netto di circa un milione. Gli investitori hanno apprezzato, visto che il collocamento delle nuove azioni, chiuso venerdì scorso, sarebbe andato «molto bene» stando a quanto filtra da chi ha curato l’operazione (Unipol Banca con la consulenza di Methorios). Oggi avremo i risultati ufficiali dell’aumento di capitale (17 milioni il valore, equivalente al 25% della società) e il prezzo definitivo delle azioni in una forchetta da 4,8 a 5,8 euro. Soldi che serviranno a trasformare Leone Film «nell’interlocutore italiano per l’industria cinematografica americana. e a sfatare il mito che vorrebbe confinare il cinema tra le arti che non generano reddito, un’industria di celluloide».
Per gli eredi di Sergio Leone la strada è ancora lunga. «Lo sbarco all’Aim - conclude però Andrea - è solo il primo passo. Noi puntiamo al mercato maggiore, dove c’è più liquidità». Del resto, disse Raffaella qualche giorno fa, «con un padre così, come avremmo potuto non pensare in grande?».

di Massimo Degli Esposti