di ANDREA MARTINI

Cannes, 16 maggio 2014 - Credeteci. Non sono il solo a chiedersi perché il cinema italiano non tenti di tornare sulla strada del western, genere nobile non solo nei padri hollywoodiani ma anche negli epigoni nostrani. A chiudere il Festival di Cannes di quest’anno sarà la versione restaurata (dalla Cineteca di Bologna) di Per un pugno di dollari, introdotta per l’occasione da Quentin Tarantino, ma chi parlasse oggi di cavalli e pistole a Cinecittà rischierebbe di passare per matto.

Incredibile dictu cioè assurdo o inverosimile. A presentare nella sezione Fuori concorso un western godibile fino in fondo, intelligente e imprevedibile è il cinema danese, da cui ci aspetteremmo tutt’altro e, francamente, poco accreditato in questo campo. Invece The Salvation è una scommessa riuscita. Se il canovaccio è lo stesso di sempre il modo di far rivivere le emozioni di un genere dimenticato è efficace e, pur evocando modelli facilmente riconoscibili, il film non cita e non gigioneggia. Insomma fa sul serio.


A dirigere The Salvation è stato Kristian Levring un ex della banda di Dogma 95, quella setta anarcocinematografica capeggiata da Lars Von Trier  e Thomas Vinterberg. Di lui abbiamo visto in Italia, Il re è vivo e Quando verrà la pioggia drammi fantasiosi non disprezzabili dove il talento, magari non raffinato, era già messo in gioco.


Questa volta Levring ha fatto bene i suoi conti: si è gettato nell’impresa facendosi proteggere da qualche sicuro sostegno: ha scelto come protagonista Mads Mikkelsen, il danese fattosi hollywoodiano, gli ha affiancato Eric Cantona (l’ex calciatore divenuto portafortuna dei registi) e Eva Green, già perno dell’intrigo bertolucciano di The Dreamers, e non si è discostato da un intreccio abusato ma sempre verde, quello dell’eroe solitario che sgomina da solo, o quasi, una banda di malvagi, terrore di un intero villaggio.


Mikkelsen è Jon un danese alla conquista del west. Emigrato, col fratello ha conquistato un pezzo di terra e ha deciso di farsi raggiungere dalla moglie dal figlio. I tre parlano danese e alle prime immagini ci si aspetta una pellicola, colta filologicamente corretta, ma siccome due della banda, già la prima notte durante il viaggio in diligenza, gli violentano e uccidono moglie e figlio, il film perde la patina nordica e rientra a pieno nel genere. 

La vendetta di Jon è immediata ma mette in moto il meccanismo infernale che ben conosciamo a cui partecipano, come usciti da una scatola magica impolverata, gli efferati banditi, gli abitanti impauriti, lo sceriffo infedele, la compagnia di avidi investitori e persino un sindaco costruttore di bare. Mikkelsen evita il mito sergioleonesco di Clint Eastwood e fa bene; gioca più sui toni crepuscolari che si addicono alla cultura nordica ( cha a guardar bene ha giocato la sua partita nella colonizzazione della frontiera) e porta con onore The Salvation nel porto sicuro dove si raccolgono i film da vedere con piacere. Il Festival, che lo proporrà ancora domani notte al pubblico, se ne avvantaggia.