Roma, 15 ottobre 2010 - È un’artista del fado, musica popolare portoghese, quindi di origine povera, ma col suo genere — umile, nostalgico, intimo, triste, acustico — ha stregato due personaggi straordinari che rappresentano orizzonti ben più vasti e di massa del suo: prima Mick Jagger e ora Prince. Ana Moura — che canta venerdì 15 alle 21 all’Auditorium Parco della Musica di Roma —, trentenne di Santarem, una fra le più apprezzate voci giovani del fado, una delle tante presunte eredi di Amalia Rodrigues (che di eredi non ne ha, essendo stata, come riconoscono le stesse cantanti, unica), è già salita sul palco della magica città di Lisbona sia con i Rolling Stones sia con il folletto di Minneapolis. Ha duettato con i primi un loro brano di successo, No expectations, mentre Prince ha voluto misurarsi con due fado, uno della tradizione, Vou a dar a beber a dor, che in Italia conosciamo come Una strada in via del Campo, e uno recentissimo, scritto per Ana da Jorge Fernando, il suo mentore, A sos com a noite.

Ana, come si sta accanto ai big della musica internazionale?
«Bene, direi, è una bella soddisfazione per me che amo la musica».

Quello senz’altro, ma per lei, fadista, il rock dei Rolling e il pop di Prince non sono mondi un po’ lontani?
«Sì, comunque sono appassionata di tutta la musica, ho cantato in band giovanili e quindi non sono così distante. Certo, mi trovo meglio con Prince perché l’influenza del soul latino è maggiore, ma devo dire che entrambe sono esperienze straordinarie».

Ci parli dell’incontro con Prince.
«È venuto a sentirmi a Parigi, a settembre di un anno fa. Gli avevano fatto ascoltare un mio disco e ha voluto conoscermi».

Riteniamo che gli sia piaciuto il suo concerto.
«Molto, visto che mi ha invitata a Minneapolis nel suo studio. Abbiamo cantato assieme, abbiamo provato a lungo e lui era molto curioso sul fado, soprattutto che si eseguisse con così pochi strumenti, solo chitarre acustiche. Ha voluto provare ad accompagnarmi con la chitarra elettrica, ed è venuta fuori la nostra perfomance di Lisbona».

Ma in generale che cosa lo ha così interessato del fado?
«La differenza di suono, di timbro, con la musica che ha sempre fatto. E questo lo ha spinto a saperne sempre di più, tanto che è venuto molte volte a vedermi cantare: appena è in Europa e sa che ho una tournée lui arriva».

E questo la emoziona?
«Direi che è un riconoscimento che mi fa piacere. E che mi spinge a dare sempre di più. Il pubblico, poi, si appassiona ancora di più».

Invece il rapporto con i Rolling Stones come nacque?
«Una sera, cinque anni fa, cantavo al Bacalhau do Molho, una classica casa di fado di Lisbona, e vennero a cena. Tim Ries, il sassofonista, rimase incantato dalla mia voce e si ricordò di avermi ascoltato in un disco che aveva sentito a Tokyo e che gli era piaciuto molto. Mi invitò a partecipare a un album che stavano realizzando con nuovi talenti, The Rolling Stones Project. Mick Jagger alla fine della serata mi chiese se mi sarebbe piaciuto cantare con loro nel concerto allo stadio dell’Alvalade. Farlo davanti a 30mila persone fu meraviglioso. Inoltre Ries ha voluto partecipare al mio album Para alem da saudade».

Torniamo a Prince: la vostra collaborazione porterà a una esperienza discografica?
«Un progetto esiste, ma non c’è ancora nulla di preciso, anche perché sono impegnata nella tournée di Leva-me aos fados e quindi dobbiamo trovare il tempo. Non nascondo che sarebbe molto bello avvicinare il suo genere musicale al mio, non so se accadrà, ma ho fiducia perché anche lui è molto interessato alla cosa».

Intanto lei canta a Roma. Ci sarà Prince — che il 2 novembre sarà lui stesso in concerto nella capitale — all’Auditorium ad ascoltarla?
«Chissà...».