Roma, 2 ottobre 2011 - Adieu al mercato, non alla musica. Ivano Fossati lo fa nel momento in cui licenzia un libro che è il viaggio a ritroso della sua vita (“Tutto questo futuro”, Rizzoli) e un album, “Decadance” che è un “non reportage” nel futuro che si fa presente. Popolato di persone che attendono, con coraggio, uno strappo.

 

Quelli che incontra a Nizza, dove vive gran parte del tempo, nelle isole greche e in Europa, giovani come suo figlio che un giorno è andato a Parigi per studiare batteria jazz. Lo ha confessato, commosso, a Fabio Fazio, a “Che tempo che fa”: «Ho pensato, non in questi due giorni, ma in due o tre anni, che con questo “Decadance”, non farò altri dischi, altri concerti».

 

Fine della carriera?, ha chiesto Fazio. «Si. Ho sempre saputo che a sessant’anni avrei potuto fare altro». Le motivazioni. «Non credo che potrei aggiungere altro, rispetto a quello che ho fatto fino ad ora. Metterci la stessa passione. Io mi voglio staccare dall’attività discografica, il mestiere, l’avere a che fare con la promozione».

 

Girare il mondo con l’ansia di prendere appunti per le nuove canzoni. «Comincerò a viaggiare e a vedere le cose in un altro modo. Mi sentirò più libero».
Ivano si stava allontanando dal mestiere inesorabilmente. Scriveva altro (Il giullare) e altra musica: per il cinema, di scena.

 

Anticipava un’assenza operosa. «È anche un buon momento, mi piace che sia ora e non fra cinque anni. Nulla mi può allontanare dall’amore per la musica. Io continuerò a studiare e suonare e ascoltare la musica degli altri. Su questo sono monomaniaco, nulla mi attira di più di un negozio di strumenti musicali, anche adesso». Gli strumenti e gli album (una discografia ideale) che ritroverete nel libro.

 

Fossati non è Mick Jagger e neppure Vasco Rossi. Non riempie gli stadi e non posta clippini su Facebook. Non viene da annate di straordinario successo commerciale, ma ha interpretato per più di trent’anni l’anima civile, popolare e rock, dalla classica al jazz, della scena italiana.

 

Ha scritto canzoni di cui un po’ si vergogna, come “Pensiero stupendo” e “La mia banda suona il rock”, “La musica che gira intorno”, “Discanto”, “La pianta del tè” (La volpe), “Questi posti davanti al mare”, “Una notte in Italia”. Storie di migranti, buontempo e italiani d’Argentina, anche se il suo confine mentale sembra arrestarsi al Finis Terrae (naviga sulle onde medie dell’oceano). Il Portogallo, il destino cupo e fatale di grandi esploratori, colonizzatori crudeli e perdenti. Ivano in concerto è un musicista generoso, libero (al piano e al flauto). Totale. Fra molte lune, al tramonto, lo ascolterò ancora.