Roma, 10 dicembre 2011 - AL PRINCIPE non piacciono le iperboli, fuori luogo, le considera, se partono dalla musica leggera e sfiorano l’altezza della poesia. Così a chi piace dire che Fabrizio De André è stato il più grande poeta del Novecento, Francesco De Gregori manda a dire che è una esagerazione senza fondamento. "Quando si dice è stato il più grande poeta italiano del Novecento, ecco, mi sembra troppo. La poesia è altro dalla canzone. Detto questo, De André è De André".

 
GELOSIE pregresse fra due grandi cantautori? In effetti, anche se gli esperti riconoscono a De André momenti di poesia vera, quella propria dei poeti - solo alcuni versi magari: "l’amore ha l’amore come solo argomento" - è anche vero che poeta e cantautore sono due mestieri differenti e tutt’e due appartengono alla 'letteratura', come vi appartengono la musica e il cinema. Fabrizio De André, anche autore di poesie mai diventate canzoni, ha attinto molti testi da altri autori, come sottolinea De Gregori: è noto a tutti il gran lavoro fatto insieme a Fernanda Pivano per trasfigurare nove poesie della Spoon River di Edgar Lee Master in altrettante canzoni per l’album 'Non al denaro, non all’amore né al cielo'.

"DE ANDRÉ - ha detto De Gregori ai microfoni di 'Start', Radiouno Rai - si è circondato di collaborazioni, quindi ciò che è ascrivibile direttamente a lui non è la gran parte del suo lavoro. Questo non gli toglie nulla, perché se non avesse avuto quell’autorevolezza insita nelle sue corde vocali la musica italiana sarebbe molto, molto più povera". Aggiunge: "Per me De André resta una grande voce narrante. Ma a volte si sentono dire cose iperboliche. Credo che questo non faccia bene né a lui né alla gente che deve capire e ascoltare. E credo che non sarebbe piaciuto neanche a Faber".
Fra le «collaborazioni» c’è ovviamente anche il suo nome: da un incontro e un soggiorno in Sardegna, fra sigarette e alcol, con uno che scriveva di giorno (De Gregori) e l’altro di notte (De André) sono nati grandi pezzi come “La cattiva strada”, “Oceano”, “Le storie di ieri”, “Dolce Luna”, “Canzone per l’estate”.

"CI SIAMO CONOSCIUTI, aveva un carattere difficile. Abbiamo avuto scontri e incomprensioni". Ma Francesco ammette anche di aver avuto la sua poetica come riferimento, almeno per un periodo. "Fabrizio De André è stato fondamentale all’inizio del mio lavoro. Mi ha fatto capire che la canzone, anche quando parla d’amore, può avere l’ambizione di raccontare la realtà in modo più profondo, di raccontare la sgradevolezza del mondo. Credo che non avrei fatto questo mestiere se non mi fossi imbattuto a dodici anni in canzoni come 'Il testamento' o 'La guerra di Piero'’. Poi il nostro rapporto si è modificato. Lui ha scritto cose molto belle, magari non tutte così fondamentali, per me".