Monaco di Baviera,  19 novembre 2013 - Non è da tutti incidere cinque album in un anno. Inoltre ognuno di essi ha una sua particolarità musicale che lo differenzia dagli altri. Se però il protagonista è Keith Jarrett, il pianista della Pennsylvania noto per il suo eclettismo, possiamo tirare un sospiro di sollievo. Perché se da una parte l’esecutore è noto per le sue pretese durante le esecuzioni dal vivo (memorabile lo "strappo" poi ricomposto con Umbria Jazz) ogni disco che incide entra comunque nell’ambito dell’eccellenza.

Il 2013 è stato dunque un anno particolare per Keith Jarrett. Per l’etichetta Ecm, con la quale incise il Köln Concert del 1975 disco che lo lanciò definitivamente sulla scena internazionale, sono quattro i titoli in catalogo. Il più originale è quello previsto per la fine dell’anno: No End, un album in cui Jarrett suona tutti gli strumenti. Lo ascolteremo alla chitarra elettrica, al basso elettrico e alle percussioni e batteria, sovraincidere danze tribali di sua invenzione. "In qualche modo è successo qualcosa in quei giorni negli anni '80 che non potrà essere ripetuto", scrive Jarrett nelle note di copertina. "Davvero non c'era in essere, per quanto mi riguarda nessuna premeditazione o idea di composizione nell'accezione tipica. Soltanto una sensazione, un'idea ritmica, un'idea di linea di basso o di melodia e nessuna di queste è stata messa per iscritto. Ad esempio la batteria è sempre con me, in un certo senso. Sono sempre stato attratto da strumenti che si toccano direttamente senza meccanismi di mezzo. Quindi non posso dire di aver amato il pianoforte tanto quanto la batteria o la chitarra".

A  gennaio era uscito Hymns, Spheres, seguito a giugno da Somewhere con il trio insieme a Gary Peacock e John DeJohnette. A breve è atteso l’album con i concerti per piano solo  di Bregenz e di Monaco di Baviera, quest'ultimo mai uscito su cd. Questo per quanto riguarda la casa principale di Jarrett, ovvero il jazz. Ma per chi conosce il pianista c’è anche un lato classico che Jarrett ama frequentare e non poteva mancare in questo anno dalla produzione discografica prolifica. Da poco è uscito il progetto con Michelle Makarski sulle Sonate per violino e tastiera di Johann Sebastian Bach. Le sei composizioni (numeri di catalogo BWV  dal 1014 al 1019) sono tra i capolavori della musica da camera dell’autore tedesco scritte attorno al 1720. In questo caso Jarrett, tra i massimi esponenti della creatività e dell’improvvisazione, si mette al servizio dello spartito dandone una lettura rigorosa insieme al suono del violino di  Michelle Makarski, preciso nel suo evidenziare melodia e contrappunto con il pianoforte.

Michele Manzotti