Castiglioncello, 5 agosto 2010 - Sette ore di viaggio avventuroso da Roma, "ho sbagliato strada", la sua seconda volta a Castiglioncello dopo molti anni, "c’ero stato dalla mattina alla sera per incontrare Panelli". Un breve riposo nell’albergo a pochi passi dalla Piazzetta, e poi in auto al Pasquini, che in Piazzetta si trova, perché lui anche quei pochi passi a piedi non li sopporta, "mi sembrano già tanti quelli per portare fuori il mio cane".

Poi il colpo d’occhio verso la platea gremita che lo aspetta, "sono loro le vittime?". Eccolo Enrico Vaime, un pezzo di quella storia dello spettacolo, a presentare il suo libro “Anche a costo di mentire”. L’ennesimo. Perché Vaime, autore televisivo di trasmissioni cult come 'Canzonissima' - sua l’edizione storica del ’68 con Mina, Chiari e Panelli - a lungo con Terzoli, e autore radiofonico, teatrale, nonché conduttore della rubrica all’interno di “Omnibus” su La7, di libri ne scrive a volontà. Da “Quando la rucola non c’era” a “I cretini non sono più quelli di una volta”.

Vaime, come ci si sente nei panni di pezzo pregiato di storia dello spettacolo?
"Abbiamo sempre cercato di salvare la faccia, di non doverci vergognare di essere autori di qualcosa. Abbiamo detto parecchi no. Avremmo dovuto dirne di più".

Cosa è cambiato in tv è sotto gli occhi. Quando è stato il momento di rottura?
"Negli anni ’70 sono cominciate le trasformazioni di questo decadimento, è stata persa di vista una certa forma che era una delle nostre caratteristiche, abbiamo cominciato a sbracare e siamo peggiorati. Oggi siamo in un punto di non ritorno, abbiamo perso un certo pubblico che non ritornerà. La gente non sente l’esigenza di un’altra televisione".

E’ convinto che sia la gente a non volere un’altra tv?
"La gente è cambiata, su questo non c’è dubbio, anche se io non sono pessimista".

Com’era la sua radio?
"E’ stata la palestra per tutti noi. La radio è lo spettacolo più democratico che ci sia perché ci sono gli spettatori che la completano. Negli anni è migliorata, ha perso la muffa, non è più scritta ma improvvisata e questo le ha dato freschezza".

E la tv?
"E’ partita col piede sbagliato, non ha spiegato agli stessi operatori che la sua funzione è la contemporaneità, raccontare i fatti mentre avvengono".

Una trasmissione che salva.
"La tv sul piano delle trasmissioni storiche è fatta molto bene. L’intrattenimento non è tutto da buttare, anche se i programmi leggeri spesso rasentano la volgarità. Fino agli anni ’60 i programmi li produceva la Rai, adesso il palinsesto è gestito da produttori esterni e questo è un errore".

Lei ricorda spesso Flaiano...
"E’ stato il mio referente, lo scrittore più significativo di questo secolo, un regalo che non ci siamo meritati, un grande maestro di ironia leggera che da noi in quegli anni non era praticata".

Perché i cretini non sono più quelli di una volta?
"Una volta facevano tenerezza, oggi fanno rabbia per l’ignoranza voluta e per questo sono colpevoli".

Un paio di mesi fa nella sua rubrica lei venne bruscamente interrotto dalla pubblicità mentre, partendo dal taglio ai compensi dei parlamentari, snocciolava numeri del bilancio dello Stato. Al rientro in video disse che non si trattava di censura ma di incompetenza momentanea. E’ sempre di quel parere?
"Purtroppo credo sia vero, ma l’errore è ancora peggio perché andava spiegato. Al momento però ho pensato alla censura. Guardi, le tv si somigliano tutte. Non ci sono isole felici".

Che cosa sta preparando?
"Per la Rai una specie di gioco, un format satirico non idiota, prima del Tg serale".

La conduzione?
"Costanzo, Magalli e Lippi. Non sarà il solito gioco".

E la sua rubrica su La7 con l’avvento di Mentana?
"Io sto lì".