Roma, 17 settembre 2011 - TORNERÀ in onda, ma non sa ancora dove. Dice che «la falsità che mi ha dato più fastidio è quella che non ho fatto un programma usando risorse Rai» e, alla fine, attacca il direttore generale della Rai, Lorenza Lei: «Sta facendo tutto quello che non riusciva a fare Masi». Serena Dandini, dunque, non si arrende. E ieri ha deciso di raccontare la sua versione dei fatti dopo la bocciatura del contratto per “Parla con me” da parte dei cda della Rai. «Io ho sempre fatto il mio programma con risorse interne Rai, che mi dispiace lasciare - ha detto la Dandini - e il divano (ha mostrato un mini divano rosso con sopra una bambola, ndr) è davvero la prova che il format di “Parla con me” (secondo la dg Lorenza Lei, “proprietà della Rai”) l’ho inventato io».

E MENTRE la Fandango, insieme con la Dandini, pensa a un’azione di rivalsa civile nei confronti della Rai per il danno subito, in Rai si fanno i conti di quanto sarà grave il nuovo buco economico per l’azienda dovuto non solo al mancato introito pubblicitario (pari a circa 2,5 milioni di euro a fronte di un costo di 3 milioni) ma anche alle penali che dovranno essere sborsate a chi aveva già acquistato spazi per gli spot su quel programma. Un problema non da poco per il cda Rai. Dove ieri si riscontravano profondi malumori soprattutto tra i consiglieri di centrodestra, quelli che hanno bocciato un programma «che in realtà - sostiene Giorgio Van Straten, componente di minoranza del consiglio - doveva solo subire qualche ritocco economico, non la cacciata dal palinsesto di Raitre». Allora, di chi è la colpa? La cronaca racconta che il direttore generale, Lorenza Lei, abbia portato in cda il contratto della Fandango senza aver dichiarato - come era accaduto gli altri anni - che la società produttrice era da considerarsi “infungibile”, ovvero insostituibile, procedura necessaria per portare a termine quella specifica produzione. Non facendolo, la Lei ha di fatto costretto i consiglieri d’amministrazione, in particolare Petroni (già gravato da una multa di un milione e 800 mila euro da parte della Corte dei Conti per la nomina incompatibile dell’ex dg Alfredo Meocci) a votare contro un contratto non sottoposto a gara d’appalto, come deve avvenire nelle aziende pubbliche se il costo complessivo dell’operazione supera una certa cifra e se l’autore del programma non viene appunto dichiarato «infungibile».

LA LEI, insomma, secondo i consiglieri di centrodestra, avrebbe costretto una parte del cda a prendersi la responsabilità di un gesto impopolare, come cacciare la Dandini, per non risultare lei «il censore». «La Lei non doveva portare quel contratto in consiglio - accusa Antonio Verro, consigliere Rai molto vicino a Berlusconi - perché noi avevamo detto no alla Fandango, non alla Dandini, dunque sarebbe bastato che il direttore generale si fosse presa le responsabilità che le competono». Invece non l’ha fatto, incassando però - suggeriscono i meno benevoli - una cambiale in bianco per il rinnovo del suo mandato in scadenza ad aprile. «Duole dirlo, ma è esattamente così», ammette Verro. Che aggiunge: «Alla Dandini avevamo proposto un contratto diretto che lei ha rifiutato. Una scelta basata sulla linea aziendale che stabilisce che i format di proprietà Rai non hanno bisogno di produttori esterni. In tutta questa vicenda di censura non c’è niente, è una questione di quattrini». Verro incassa anche il plauso del Codacons: «Il Presidente Rai Garimberti evidentemente non ha capito che mentre il programma della Dandini è proprietà esclusiva della Rai, l’“Isola” è un format che appartiene a una società esterna. Di conseguenza - è il comunicato di ieri dell’associazione - pare assurdo (oltre che illegale) che la Rai sia costretta a pagare a una società esterna una sorta di “pizzo”».