Roma, 16 maggio 2012 - "Quello che (non) ho" è un'altra puntata di "Quello che (non) ho". La coppia più discussa (e seguita) della tv, formata da Fabio Fazio e Roberto Saviano chiude col botto, toccando anche nella terza e ultima puntata dello show di La7 il nervo scoperto non solo dell'Italia. "Quello che abbiamo è un pubblico, e non era scontato", dice l'autore di Gomorra a pochi secondi dalla fine della trasmissione.

E dalla Rai giunge un inatteso dietrofront: a quanto si apprende, Saviano e Fazio potrebbero tornare sugli schermi della tv pubblica già nel prossimo autunno, nella prima serata di Rai 3 del lunedì.

I TEMI - Come sempre non sono 'leggeri' i temi affrontati dal programma, in onda dalle Officine Grandi Riparazioni di Torino. Ma c'è spazio anche per le risate e i sorrisi, con le gag frizzanti e mai banali di Luciana Littizzetto

Ogni intervento prende spunto da una parola chiave. Dall'Eternit, con la tragedia dei morti per le polveri di amianto, al monologo di Marco Paolini (Treno) dedicato a quei ferrovieri che da alcuni mesi vivono su una torre Faro della Stazione Centrale di Milano per protestare, fino al ricordo di Falcone e Borsellino, affidato alle parole scritte da Gianni Minà nell’intervista del 23 maggio del 1996 al giudice Antonino Caponnetto e lette da Roberto Saviano.

“Non so cosa siano stati per me Falcone e Borsellino - dice Caponnetto - Sono stati la parte più importante della mia vita, sono stati tutte queste cose insieme: amici, colleghi di lavoro, figli, fratelli. Sono stati un punto di riferimento insostituibile nella mia vita”.

Si arriva quindi al commosso racconto di Giuseppe Gullotta, assolto dopo 21 anni di carcere: "E' innocente", hanno riconosciuto i giudici nel febbraio scorso. Poi Ermanno Olmi e la sua riflessione sul tempo, quindi ancora Saviano con i Laogai, i campi di lavori forzati cinesi dove è detenuto anche {{WIKILINK}}Liu Xiaobo{{/WIKILINK}}, premio Nobel per la pace 2010. E ancora monologhi sulle parole 'lusso', 'pane' e 'Africa',  nel mezzo Massimo Bubola che canta De André in Quello che non ho. Ma la musica è protagonista per tutta la serata grazie alla voce di Elisa, sublime nell'interpretare 'Halleluja’, ‘Knockin’ on Heaven’s Door’ e ‘Redemption Song’.

La chiusura è di Stefano Bartezzaghi che lancia la parola 'zuzzurellone', l'ultima del vocabolario italiano. Poi ringraziamenti, abbracci e sipario.

GRAMELLINI E LA PAGHETTA DEI FIGLI DI BOSSI - Uno dei momenti 'clou' dello show è stato, come nelle scorse puntate, l'intervento di Massimo Gramellini. Il giornalista come parola  tira fuori 'paghetta', alludendo chiaramente alle vicende giudiziarie dei figli di Bossi: "I bambini giocavano con i pupazzi di Shrek, loro con Calderoli". E ancora: "Il Trota prende più soldi di paghetta della figlia di Tom Cruise. Ma la differenza più seria è che a lei la dà Tom Cruise, al Trota finora l'abbiamo pagata noi".

L'INCIPIT - “Quello che ho sono le tante parole inviate da voi sul web”. Fazio e Saviano hanno dato il via alla terza ed ultima puntata, leggendo alcune delle tantissime parole ricevute in questi giorni. “Ansia”, mandata da Anna, “mio figlio si trova in missione di pace”. “L’Aquila”, da Corrado e Francesco: “agli aquilani manca la loro città...”. E poi la classifica delle parole inviate: “Rispetto, dignità, futuro, libertà, verità. Abbiamo capito - ha detto Fazio - che ci piacciono le stesse parole”.

Subito dopo, Claudio Santamaria interpreta Quello che non ho di De André accompagnato al piano da Mark Harris. La coppia avrà anche l'onore di chiudere la trasmissione.

ETERNIT - Il primo monologo di Saviano è dedicato alla tragedia dei malati e dei morti a causa delle polveri di amianto, alla storia della gente di Casale Monferrato. Saviano cita alcune di quelle persone, che si sono ammalate e sono morte per “la maledetta polvere velenosa”, parla del coraggio delle persone del Comitato che ha portato fino alla sentenza del 13 febbraio scorso, con la condanna in primo grado dei due proprietari dell’Eternit. 

Interviene Romana Blasotti, la presidente dell’Associazione Familiari Vittime d’Amianto, che negli anni ha visto ammalarsi e morire il marito, la sorella, la cugina, il nipote, la figlia.

"CI VUOLE UNA SUPERPROCURA" - Una sentenza, quella del tribunale di Torino - dice Saviano - che ha dimostrato che “l’amianto uccide”. “Questa sentenza - aggiunge - è qualcosa in più di una vittoria giudiziaria, dovrebbe portare, ma forse è solo un sogno che traspare dalle carte, un sogno di quanti hanno combattuto fino in fondo questa loro battaglia, per poter creare una sorta di superprocura che si occupa degli infortuni sui luoghi di lavoro. Non è meno importante questo, per esempio, dei processi di mafia, eppure c’e’ una procura antimafia. Ed è bene che ci sia una superprocura che possa coordinare, monitorare tutto questo”.

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