{{IMG_SX}}Bologna, 10 febbraio 2009 - QUANDO L’ITALIA affronta il Brasile la mente corre a ritroso perché non puoi non pensare a Pablito Rossi, l’eroe vestito d’azzurro che distrusse con tre gol da favola e eliminò i giallo-oro dal mitico mondiale di Spagna. Nessuno nella lunga e bella storia della nostra Nazionale ha lasciato un’impronta così forte, un’impronta storica.

 

Diamogli subito la parola: "L’amichevole fra l’Italia di Lippi e il Brasile di Dunga mi fa aprire il cassetto dei ricordi più belli. Mi fa ripensare, ad esempio, al tassista brasiliano che dopo aver fatto con la sua auto un centinaio di metri mi riconobbe dallo specchietto retrovisore, frenò di colpo e urlando come un pazzo mi ordinò di scendere: ‘Lei è il carrasco do Brasil (tradotto in italiano significa il boia del Brasile) che mi ha fatto soffrire da matti e ha gettato nel dolore, in quella notte spagnola, un’intera nazione. Fuori da qui!’. Scesi dal taxi quasi tremando, ne chiamai un altro e mi feci portare in albergo. Questo episodio accadde a San Paolo, dove mi avevano invitato a giocare un torneo fra ex calciatori, e il bello è che risale al luglio del 1989, ovvero a distanza di ben sette anni dal mondiale di Spagna. Ma per i brasiliani quella sconfitta con l’Italia era ancora una ferita aperta…".

 

Non a caso lei qualche anno fa ha scritto ‘Ho fatto piangere il Brasile’, un libro dal titolo molto esplicito…
"L’ho scritto perché i miei tre gol al Brasile, in quel fantastico, indimenticabile tre a due, sono il fiore all’occhiello della mia vita di calciatore. Un ricordo che non si cancellerebbe neanche a distanza di un milione di anni. Il mondiale dell’Italia era iniziato male e fra mille polemiche, io stesso ero triste, non riuscivo a trovare né la forma né la porta avversaria. Poi…".

 

Poi ecco il miracolo…
"Appunto. Giocavamo contro un grande Brasile, forse il migliore nella straordinaria storia del calcio carioca. Ebbene, dopo cinque minuti, incredibile ma vero, vado in gol. Impazzisco di gioia, mi sento liberato di un peso, mi sembra di volare, tutto mi riesce facile come se fosse entrata in azione una bacchetta magica. Ed ecco il secondo gol, ecco il terzo, ecco la vittoria delle vittorie che fu la premessa per la conquista del titolo mondiale".

 

E così lei e Ronaldo siete gli unici giocatori, nella storia del calcio, che in un anno avete vinto il mondiale, la classifica marcatori e il ‘Pallone d’oro’…
"Vincere il mondiale è un’impresa storica, vincere la classifica marcatori con sei gol fu la mia grande rivincita a livello personale, vincere il ‘Pallone d’oro’ è una gratificazione che, finora, è spettata solo a pochi. Eppure giuro che questi tre meravigliosi successi messi assieme non mi hanno dato la gioia folgorante di quella tripletta al Brasile. Sono passati più di 26 anni e la gente, a distanza di così tanto tempo, mi ricorda per i tre gol che portarono l’Italia in semifinale. Insomma con il Brasile giocai la partita della vita".

 

L’Italia e Paolo Rossi ottennero tutti gli onori però quel Brasile forse peccò di presunzione…
"In effetti è così. A loro bastava un punto per qualificarsi, ma giocare per il pari non faceva parte della loro mentalità, si sentivano superiori, si sentivano i più forti. Quella sconfitta ha rappresentato per i brasiliani una lezione indimenticabile, quella sconfitta li ha segnati al punto che determinò una svolta sul piano tattico. Da allora i brasiliani hanno imparato a dare alla difesa il giusto valore".

 

Domanda fatidica, per concludere: è più forte l’Italia di Bearzot o l’Italia di Lippi?
"E’ difficile paragonare due squadre che appartengono ad epoche completamente diverse. Il cuore mi fa pensare che eravamo più forti noi e in parte me lo fa pensare anche la ragione se è vero che nella mia Italia c’erano campioni passati alla storia come Zoff, Cabrini, Scirea, Conti, Tardelli e via dicendo. Certo se Lippi fa il bis, e glielo auguro di tutto cuore, beh allora il giudizio va rivisto. Di una cosa sono sicuro: il più grande giocatore di Italia e Brasile non appartiene né ai miei tempi né a quelli attuali. Appartiene a tempi più lontani e si chiama Pelè".