Roma, 01 ottobre 2010 - Il filetto mangiato la sera prima è una giustificazione plausibile per la positività all’antidoping del ciclista più famoso del mondo, Alberto Contador. E’ quanto sostengono alcuni esperti interpellati dai media in Spagna, la patria del campione. Ma la storia della lotta al doping nello sport e’ ricchissima di spiegazioni quanto meno fantasiose, specie nel calcio.


Il romeno Adrian Mutu, positivo alla cocaina ai tempi del Chelsea, disse di averla presa "per migliorare le prestazioni sessuali". Aveva infatti conosciuto una connazionale pornostar e voleva essere all’altezza. La madre di tutte le positività nel calcio italiano fu, nel settembre del 1990, quella al Lipopill di Angelo Peruzzi ed Andrea Carnevale della Roma. "Il Lipopill ce l’ha dato mia madre per smaltire una cena troppo generosa cucinata da lei dopo la gara con il Benfica", raccontò il portiere. Vennero squalificati per un anno.


Numerosi i casi di positività al nandrolone, spesso cancellati a colpi di spugna, ovvero sentenze con pene non superiori ai quattro mesi. Christian Bucchi e Salvatore Monaco del Perugia dissero di aver "fatto una abbondante grigliata di carne di cinghiale, che ci ha fatto venire fuori valori sballati". Per Fernando Couto, portoghese del Parma, fu invece "tutta colpa di quello shampoo che conteneva nandrolone. E con la chioma che ho, io devo usarne molto".


Famoso infine il caso di Marco Borriello, sospeso tre mesi per positività a prednisone e prednisolone (metaboliti del cortisone) dopo un Milan-Roma (allora il centravanti giocava nel Milan). La corte fu clemente perchè tenne conto della spiegazione fornita dalla fidanzata dell'epoca del calciatore, Belen Rodriguez. "Dopo un rapporto sessuale non protetto - spiegò la pin-up argentina - Marco s’è preso la mia stessa infezione vaginale e senza pensarci gli ho consigliato di usare la crema al cortisone che il mio medico mi aveva prescritto".