Bolzano, 8 agosto 2012 - "Ho preso questa decisione da solo". Così Alex Schwazer in conferenza a Bolzano. Il marciatore trattiene a stento le lacrime, due giorni dopo la sua esclusione ai Giochi di Londra per doping. "E' stata una decisione mia - ripete -, mi sono informato con internet, nessuno sapeva, sono andato in Turchia a settembre da solo e ho preso l'Epo con 1500 euro. In Italia non potevo perché serviva la ricetta".
 

"Grazie che siete venuti - attacca il marciatore - , sinceramente non avrei mai pensato che ci sarebbe stata una conferenza stampa per me, per una positività all'antidoping, non è facile. Oggi sono qua per raccontarvi perché ho deciso di fare questo grande errore. Cerco di essere sincero con voi".

Poi, il racconto: "Sono arrivato a fine anno scorso dopo tre anni molto difficili, dopo gli Europei avevo anche pensato di smettere, non sentivo più nessuna emozione. Dopo un altro anno molto travagliato, dovevo fare delle scelte, con le Olimpiadi davanti non sono più stato lucido, sentivo la pressione. Io mi sono fatto da solo, avevo aspettative, volevo tornare molto più forte di prima, non sono più riuscito a dire di no a questa decisione di doparmi e ho fatto questo grande errore. Mi dispiace a dire poco. Vorrei solo chiarire le cose come sono state veramente".

"Sono state le settimane più difficili della mia vita, dovevo dire bugie alla mia fidanzata. Gli ho dovuto mentire, ma lei non c'entra nulla. Non vedevo l'ora che finisse tutto. Mi alzavo alle 2, 3 o 5 del mattino perché temevo un possibile controllo antidoping. Speravo che Carolina uscisse da casa per andare in bagno a farmi l'iniezione".

"Non è vero che non sono andato alla 20 chilometri per il doping; ma perché mi sentivo distrutto da tutta questa situazione. Sono ritornato a casa il 29 luglio, senza fermarmi in Austria, per il compleanno di mia mamma. Il 30, poi, hanno suonato alla mia porta; ma non avevo la forza di chiedere a mia mamma di dire che non c'ero. Quindi, ho fatto questo controllo, e sapevo che ero positivo. Due giorni fa poi è giunta la notizia dal Coni. Sono triste, perché ho buttato via tutto; ma anche felice, perché è finalmente finito tutto questo periodo di bugie".

“Giustamente tutti dicono che sono delusi da me, non volevo mettere nei guai nessuno – dice riferendosi all'allenatore Didoni -, non ho detto nulla per vergogna. Uno pensa che pulito puoi vincere sempre, poi però non ce la facevo più e ho fatto questo passo. Per il mio allenatore mi dispiace, spero che per lui non ci saranno problemi. Spero che un giorno mi capirà".

"Quando l'ho detto a Carolina? Appena mi hanno chiamato da Londra per la positività. Ho ho informato subito lei e i miei genitori".

Sul medico Ferrari ha chiarito: "Conosco il personaggio, ma non è vero che ero già dopato nel 2010. L'ho contattato nel 2009, quando mi sono ritirato e atleticamente non mi sentivo a posto. Nel 2010 mi sono gestito da solo e ho chiesto consigli per l'allenamento. Dall'inizio del 2011 non l'ho più sentito, dopo tutto il casino con i ciclisti. L'ho frequentato solo per fare un piano di allenamenti complesso: con precise tabelle di allenamento. Tabelle che servono per allenarsi e basta: lui è un grande allenatore. Per questo in molti vanno da lui, non certo per il doping, quello lo si trova facilmente anche altrove".

''Non voglio sconti, non torno più. Voglio una vita normale - aggiunge Alex -. Non avete idea quanto mi sia sacrificato per ogni gara, non voglio più essere giudicato per una singola prestazione. E non voglio essere osannato''.

C'è anche un messaggio per i giovani. "Posso dire solo agli altri, ai giovani, di non farlo, di non doparsi. La gente deve capire di vivere, senza sensi di colpa se si esce per una birra o se si perde un'ora di sonno. Io non devo fare come altri atleti. Per correre sereni serve altro: non si deve fare per forza 5 ore di allenamenti, 3 ore di alimentazione e 15 di sonno. Questo è stato un mio errore: prima di Pechino invece ero molto più sereno e uscivo spesso con la fidanzata".

"Domani vado a Bologna, restituisco pistola e tesserino. Senza i carabinieri, non avrei potuto fare questo sport a livello professionale. Senza i gruppi sportivi, in Italia gli sport minori non esistono. Io ho cominciato a svolgere attività sportiva da professionista a 18 anni grazie ai carabinieri. Ho tradito la loro fiducia''.