Londra, 13 agosto 2012 - Quando l’altra notte il mitico Pelè ha simbolicamente dato il calcio d’inizio della Olimpiade che verrà, è stato inevitabile pensare al mondo che ci aspetta. Rio ha ancora quattro anni di tempo per preparare la prima edizione sudamericana dei Giochi. Londra ha vinto la sua partita scommettendo sull’entusiasmo e sull’allegria: armi che nell’arsenale dei carioca abbondano.
 

CHI RESTA. Ma le questioni organizzative, diciamo così, appartengono all’arte del governare. Per fortuna, un evento come l’Olimpiade deve il suo fascino alla identità dei campioni. Alle storie, belle e brutte, felici ed infelici, alimentate dalla caccia alle medaglie. Alla fine, lo sport è umanità pura (o taroccata, se qualcuno imbroglia).
 

Di sicuro nel 2016 Usain Bolt, il re della velocità, il simbolo di Pechino e di Londra, vorrà esserci ancora. Dovrà guardarsi dalle invidie e dai sospetti. Dovrà amministrare il suo irresistibile talento badando a non cadere nella trappola dell’ingordigia. L’età gioca a favore del giamaicano. Il Brasile sarebbe la cornice perfetta per un altro Triplete, ammesso che a Bolt non venga in mente di spostare le attenzioni sul giro di pista, sui 400 metri. Ma chi non sogna già un’altra volata sui 100, contro l’emergente Blake?
 

Resterà tra noi, certamente, anche Calamity Jane. La tenera Jessica Rossi, poliziotta dalla mira infallibile, ha davanti una lunghissima carriera, volendo. Il tiro non subisce le ansie della anagrafe. L’emiliana dei record sta spostando più in là i confini della specialità. E’ talmente brava da lasciar supporre che, nella stessa gara, potrebbe tranquillamente battere i concorrenti maschi.
 

E ha detto di voler continuare fino al 2016 pure Valentina. Cinque Olimpiadi, cinque volte sul gradino più alto del podio, tra prova singola e a squadre: la Vezzali non soffre la sindrome da appagamento. Anzi, chi la conosce la immagina dominata dal desiderio di declassare Elisa Di Francisca, collega jesina del fioretto, erede rispettata ma non amata. Ci aspettano quattro anni di duelli infiniti.
 

CHI VA. Invece, Rio sarà uno spettacolo da godere in televisione per chi stacca la spina. Michael Phelps non ne poteva più di una esistenza consumata a macinare chilometri in piscina. Ha chiuso alla grandissima, con il record di medaglie (22). Andrà in Brasile, nel 2016, come commentatore per un grande network americano. Il contratto è pronto, manca soltanto il prezioso autografo.
 

Sipario anche sulle gesta olimpiche di Kobe Bryant, l’asso Nba medaglia d’oro con il Dream Team qui e in Cina. Vinta la sofferta finale con la Spagna, il simbolo dei Los Angeles Lakers si è chiamato fuori: stop, ha spiegato, ci sono baskettari più giovani, passo il testimone.
 

Idem la Idem! Josefa, otto edizioni dei Giochi nelle braccia e nelle ossa, parcheggia la canoa. Giura di non avere rimpianti, in effetti saremo noi italiani a rimpiangerla e parecchio. Però, musicava Verdi, sapete com’è, la donna è mobile e in quattro anni si può sempre cambiare idea. Nemmeno è troppo lontana, Rio…E adesso a casa, che è pure ora.
 

Leo Turrini