Genova, 13 ottobre 2010 - Sono tornati gli hooligans. Anche se di Belgrado. Sono arrivati per scatenare la loro furia a Genova e fare in modo che Italia-Serbia non si giocasse. Una notte di calcio uccisa dagli ultras serbi. Senza che nessuno riuscisse per tempo a fermarli. Mai successo, a memoria, per una partita della nazionale. Una gara internazionale annullata per la guerriglia da stadio, dopo un pomeriggio di grande allarme e di violenza per la città. In termini disciplinari, farà testo la relazione del delegato Uefa, il georgiano David Petirashvili, ma le immagini dei disordini provocati dai tifosi serbi hanno fatto in fretta il giro del mondo, non ci sarà bisogno di referti ufficiali. Il provvedimento, in questi casi, prevede la sconfitta a tavolino per la Serbia e una lunga squalifica del campo di Belgrado, ma dovrà essere l’esecutivo ’Uefa a pronunciarsi, su indicazioni di Platini.

Al di là di questo, è stata una serata vergognosa. Con il servizio d’ordine che non è riuscito a tenere sotto controllo la situazione. «Da Belgrado non ci hanno avvisati», l’accusa dei funzionari italiani per i loro colleghi serbi. Duemila hooligans serbi hanno spaventato Genova e, una volta dentro lo stadio, hanno costretto l’Uefa e l’arbitro a sospendere la partita, tempestando la curva confinante e il campo di gioco davanti al loro settore con un fitto lancio di petardi e fumogeni, e ci si chiede come abbiano fatto a superare i controlli. Tutto il sistema dell’ordine pubblico è stato messo in crisi dall’impatto con gli ultras scatenati arrivati da Belgrado. Un caos totale, con la polizia schierata in tenuta da sommossa davanti ai tifosi serbi, la banda in attesa in modo surreale dall’altra parte del campo, i giocatori che sono entrati in campo per il riscaldamento per poi rientare negli spogliatoi.

Dominava, in un clima di tensione e disgusto, la figura di un ultras serbo, incappucciato, a cavalcioni sull’inferriata, senza che nessuno riuscisse a fermarlo. Mentre la polizia stava cercando di entrare nelle gradinate per caricare, i tifosi serbi hanno sfondato anche da sopra e sono saliti sulla tribuna superiore. Sembra che a scatenare i duemila teppisti sia stata una faida interna al tifo serbo, con gli ultras della Stella Rossa che accusano la federazione di favorire il Partizan, e avrebbero scelto questa occasione per scatenare l’inferno. Ma che cosa c’entra questa storia tutta loro con piazza de Ferrari ridotta a un tappeto di cocci di bottiglia di birra rotti e le scritte oltraggiose sulle nobili mura di Palazzo Ducale, il simbolo della città? Si è scatenata un’immediata polemica a Genova, con le proteste indignate e la richiesta di danni da parte dei sindaco e di altri amministratori.

Prima della partita, all’esterno dello stadio, un petardo ha colpito il portiere titolare della Serbia, Stojkovic, e il giocatore, messo sotto accusa e minacciato dai suoi tifosi sempre per questioni legate alla rivalità Partizan-Stella Rossa, ha chiesto di non giocare. E’ stato anche medicato in ospedale. Solo dopo mezz’ora, i giocatori serbi sono andati, applaudendoli in un modo incomprensibile e imbarazzante, sotto la curva dei loro scatenati tifosi, per fermarne la furia. Stankovic ha fatto il gesto delle tre dita, stile rock, per dire «vi voglio bene», e altri calciatori serbi hanno salutato gli ultras con le dita a formare il numero tre, a indicare la triade sacra serba Dio, re e patria. Poi hanno spiegato di averlo fatto per calmarli.

La partita è cominciata, con 35 minuti di ritardo, in una notte ormai rovinata. Per poi fermarsi di nuovo, quasi subito, ancora sotto il lancio di petardi e fumogeni da parte degli ultras serbi, incontrollabili, con Preziosi che ha abbandonato sdegnato il suo stadio, mentre Viviano, sfiorato da un fumogeno, ha fatto segno di non voler più giocare. Gli azzurri si sono riuniti in mezzo al campo e hanno salutato il loro pubblico, mentre i serbi martellavano ancora Marassi di fumogeni.

 

PRANDELLI SCONVOLTO - Rabbia e disgusto, da parte di Prandelli e degli azzurri, e in uno stadio sotto choc anche l’interrogativo sui motivi del mancato intervento delle forze dell’ordine per placare gli hooligans ultranazionalisti di Belgrado. La polizia, è stato spiegato, non è intervenuta con una carica immediata per evitare «scontri e incidenti violenti», che avrebbero potuto coinvolgere gli spettatori italiani. Ma è polemica dura con Belgrado: secondo Massucci, responsabile sicurezza per le partite della nazionale azzurra, la polizia serba aveva segnalato un rischio basso, «quando un’aggressività del genere non si vedeva da tempo, certi tifosi non sarebbero mai dovuti arrivare a Genova», ha aggiunto il funzionario del Viminale. «Mai vista una cosa del genere, mi dispiace per le centinaia di bambini che erano allo stadio», la desolazione di Prandelli, che racconta anche: «Abbiamo visto il loro portiere tremare come una foglia. Da lì ho capito che si erano organizzati per non farci giocare». «A stare sotto quella curva c’era da avere paura, dovevo voltarmi dalla parte della gradinata per evitare i fumogeni e non prenderne uno in testa, ho visto Stankovic piangere», la testimonianza di Viviano.

L’annuncio dello speaker («La partita non può essere giocata in quanto non è tutelata la sicurezza dei giocatori») è arrivato alle 22.17, quando Marassi era già vuoto, tranne il settore occupato dagli ultras serbi, guardati a vista da un cordone di polizia. Ma una parte di loro è riuscita a uscire dallo stadio, e ci sono stati scontri con tifosi italiani e l’intervento di mezzi blindati delle forze dell’ordine. Stavolta la mano di Platini e dell’Uefa dovrebbe essere pesantissima, al di là della sconfitta a tavolino e della squalifica del campo di Belgrado. Da dove arriva la condanna del sottosegretario agli Esteri Alfredo Mantica, in visita proprio in Serbia: «Si sapeva che i tifosi serbi non sono gentiluomini di campagna, ma quanto è accaduto è grave, soprattutto in un momento in cui la Serbia ha bisogno di consenso per entrare nell’Unione Europea». Ma ora, per colpa dei suoi hooligans, rischia di uscire a lungo dall’Europa del calcio.