Roma, 14 giugno 2011 - "Le coincidenze sono le cicatrici del destino". Le parole di Carlos Ruiz Zafon sono perfette per Claudio Gavillucci, 31 anni, brillante arbitro di Legapro, al centro di una vicenda di diaboliche coincidenze. La prima: Gavillucci sbatte il cartellino rosso in faccia a Marco Paoloni, uomo chiave di Scommessopoli, in Cremonese-Spezia, con cui l’indagine comincia, la partita nella quale Paoloni si fa rubare il pallone da un avversario consentendo il pareggio (2-2) dei liguri.

La seconda: Gavillucci fino a qualche giorno fa ha lavorato per un bookmaker internazionale, Stanleybet. La terza: Massimo Erodiani e Francesca La Civita gestiscono due agenzie di scommesse Stanleybet. La quarta: Gavillucci dà le dimissioni per inseguire il suo sogno del fischietto, il primo giugno 2011, giorno in cui esplode Scommessopoli.

Le fonti, tante, con le quali abbiamo parlato di Gavillucci sono un coro: bravo arbitro, persona per bene. Al punto che dopo la promozione all’ex C il 30 giugno 2008 si fa uno scrupolo grande così: c’è conflitto di interesse tra il mio lavoro e il fischietto? Il 3 luglio 2008, d’accordo col suo managing director, John Whittaker, oggi Ceo di Stanleybet, spedisce una lettera (anche per corriere urgente Ups) alla sezione di appartenenza dell’Associazione arbitri (Latina) indirizzata all’allora presidente Giancarlo Bersanetti.

Nella missiva, in nostro possesso, Whittaker scrive che Gavillucci lavora nel "customer service, relazioni e comunicazioni", chiarisce che "nessune delle aree ha a che fare con la compilazione di quote o nessun’altra attività connessa con le scommesse" e spiega che "ci ha informati dei suoi obblighi e siamo al corrente che dirige partite di un certo livello che fanno parte della nostra offerta e quindi voglio puntualizzare che lui non ha nessun tipo di influenza o qualsiasi tipo di responsabilità per la creazione e gestione delle quote".

Whittaker chiude: "Atteso che qualcuno possa travisare e pensare che la sua posizione con noi sia in conflitto con il suo ruolo di arbitro, in accordo con il signor Gavillucci abbiamo preparato questa lettera per fare comprendere la totale inesistenza, neppure teorica, di tale conflitto di interessi". Una lettera che basta a convincere l’Aia. L’articolo 3 delle norme sugli organi tecnici recita che nel fascicolo personale degli associati devono essere inseriti: "Un foglio notizie aggiornato annualmente" nel quale deve essere specificata la «professione e il rapporto di lavoro" e "le eventuali ragioni di incompatibilità a svolgere le funzioni arbitrali presso società calcistiche". Domande: è opportuno che un arbitro lavori per un bookmaker? È opportuno che Gavillucci diriga le partite sulle quali Stanleybet fa le quote? Per l’Aia sì. Non ci sono "ragioni di incompatibilità"? Per l’Aia no.

Gavillucci continua ad arbitrare e lavorare per Stanleybet fino al primo giugno scorso. Perché dà le dimissioni proprio quel giorno? Per lo scandalo? No. Un passo indietro al gennaio 2011. Il mondo arbitrale lo assorbe sempre di più e i dirigenti di Stanleybet gli danno sei mesi per decidere: la dead line è il 28 maggio 2011, giorno della finale di Champions.

Gavillucci è in odore di promozione in B. Quindi abbandona Stanleybet per inseguire un sogno: diventare il nuovo Collina.  Finale: Gavillucci con lo scandalo non c’entra nulla, è evidente. Il vero scandalo sarebbe se lui, dopo avere rispettato il regolamento ed essersi licenziato per amore di fischietto, vedesse spezzarsi il suo sogno da giovane Collina solo per diaboliche coincidenze.