Firenze, 20 gennaio 2012 - E' una storia di soldi nascosti tra mutande e calzini. Contanti. Tanti contanti, 200mila euro, che sarebbero finiti nelle tasche di Hector Cuper. E l’hombre vertical, quello dei vigorosi colpi di petto ai suoi giocatori prima di entrare in campo, li avrebbe intascati in cambio di quattro risultati «sicuri», due partite del campionato spagnolo e due del campionato argentino, su cui avrebbero scommesso i clan della camorra.

 

NELL'INCHIESTA portata avanti dalla Dda di Napoli, si fa riferimento al clan D’Alessandro che avrebbe beneficiato di queste dritte che poi così dritte non erano, visto che almeno uno dei quattro risultati considerati sicuri non si è poi verificato. E un camorrista sarebbe arrivato fino a Santander, penultima tappa della carriera dell’allenatore giramondo (ora è in Turchia, all’Orduspor), per chiedere spiegazioni. E’ una ricostruzione. Una ricostruzione fatta dalla Dda di Napoli che mette nei guai seri l’ex allenatore di Inter e Parma e che prova a scoperchiare un mondo traboccante e puzzolente di partite truccate, o presunte tali, e di vorticosi giri di scommesse. Con cifre da capogiro.
 

CUPER, attraverso una rogatoria, è stato ascoltato nel novembre scorso, a Santander. Le risposte dell’allenatore non avrebbero soddisfatto gli inquirenti. Anche perché di fronte alle domande, si sarebbe limitato a rispondere che sì, aveva ricevuto quei soldi, ma che quei soldi «erano di mia suocera per ristrutturare un immobile di sua proprietà». Risposte che non avrebbero convinto gli inquirenti pronti ad ascoltare di nuovo il tecnico argentino. Ma ieri il legale di Cuper ha voluto ribadire, in un colpo solo, la totale estraneità del suo assistito alle accuse che presto potrebbero essergli formalizzate e la sua disponibilità a essere ascoltato di nuovo.
 

L’AVVOCATO Maria Sardelli dello studio Coccia & De Angelis racconta un’altra versione dei fatti. «Già, quando Cuper è stato ascoltato nel novembre scorso, attraverso rogatoria, ha sostenuto sin da subito la sua totale estraneità ai fatti che gli sono stati contestati e ha negato qualsiasi contatto con clan camorristici finalizzati alla compravendita di partite. Si tratta di un equivoco strumentalizzato». E la Sardelli ha rilanciato: «La decisione, da parte di questa difesa, di far sentire ancora il proprio assistito è volta unicamente a fornire ogni elemento utile alle indagini per l’accertamento della verità. Continuiamo ad essere fiduciosi nel lavoro della magistratura e in particolare dei pubblici ministeri che seguono l’indagine».