Cremona, 26 gennaio 2012 - Erano in tanti a scommettere nello spogliatoio del Bari. Andrea Masiello lo dice, da indagato, al pm barese Ciro Angelillis che lo ascolta per due ore e mezzo. Per l’ultima partita dello scorso campionato, Bari-Lecce (2-0 per il Lecce, seconda rete un’autorete di Masiello), punta il dito verso il centrocampista Sergio Bernardo Almiròn, che descrive come particolarmente attivo in occasione del derby pugliese.

E’ un Masiello blidantissimo quello che sbarca in terra pugliese. Come se il difensore dell’Atalanta (ex Bari, dove ha indossato anche la fascia di capitano) oggi facesse paura a molti. Pernottamento nella caserma della Finanza nelle vicinanze dell’aeroporto di Palese. Interrogatorio in caserma. Verbale secretato
Masiello è indagato nell’inchiesta di Bari. Ha chiesto di essere ascoltato come aveva fatto la scorsa settimana con il procuratore di Cremona, Roberto Di Martino, che lo aveva iscritto nel registro degli indagati dopo la «cantata» di Carlo Gervasoni.

Gli avvocati Salvatore Pino e Francesco Rotunno consegnano una memoria. All’interrogatorio assiste il capitano dei carabinieri Bàrbera che ha seguito in questi anni le inchieste sul clan Parisi. Infatti il fascicolo aperto dalla procura per associazione per delinquere finalizzata alla frode sportiva riguarda il riciclaggio di capitali illeciti da parte del clan Parisi. Uno dei canali utilizzati sarebbe stato quello delle scommesse sulle partite. A Masiello vengono poste molte domande su alcuni indagati, come i titolari di ristoranti frequentati anche da giocatori. Altre domande cercano di inquadrare la figura dell’infermiere barese Angelo Iacovelli.

Ascoltato da testimone, Iacovelli aveva raccontato di avere fatto da tramite fra il gruppo degli 'zingari' e i calciatori del Bari, ai quali aveva consegnato 80mila euro a testa per Palermo-Bari. La combine non si era conclusa e la somma era stata restituita attraverso Iacovelli ad Almir Gegic e ai suoi. Interrogato in veste di indagato, l’infermiere non aveva confermato il suo racconto. L’impressione è che gli inquirenti baresi distinguano due gruppi di calciatori: uno legato agli «zingari» attraverso l’ex giocatore del Bari Antonio Bellavista (detto Makelele) e un altro in rapporti con il clan.