Roma, 1 aprile 2012 - Un grande centravanti, un personaggio controverso. Addio a Giorgio Chinaglia. L’ex centravanti della Lazio è morto in Florida, dove viveva e dove si trovava ricoverato in ospedale da venerdì. Problemi di cuore, che gli sono stati fatali.

Aveva 65 anni. A dare per primo la notizia su Twitter è stato il direttore organizzativo del Milan, Umberto Gandini, in contatto con ambienti dello sport americano vicini allo scomparso campione della Lazio.

Con lui al centro dell’attacco, trascinatore e boss di quella squadra allenata da Tommaso Maestrelli, anno ’73-74, con compagni di squadra che si chiamavano Martini, Wilson, Felice Pulici, Re Cecconi, un giovane D’Amico, la Lazio conquistò il primo scudetto della sua storia. Impetuoso in campo e fuori, Chinaglia.

In campo, era un carrarmato, un centravanti di grande forza, alto e potente, e non a caso lo chiamavano ’Long John’. Fuori dal campo, era un personaggio difficile da gestire.

Arrivato in azzurro quando ancora giocava in B con la maglia della Lazio, Chinaglia fu chiamato da Valcareggi per la sfortunata spedizione per i mondiali del ’74 in Germania.

Nel corso della partita contro Haiti, una delle pagine più nera della storia del calcio italiano, al momento della sostituzione Chinaglia polemizzò con Valcareggi con un gesto molto plateale, con la mano, in diretta televisiva, e quella sua ribellione in azzurro è rimasta nella storia.

Nato a Carrara, di famiglia umile, Chinaglia aveva cominciato a giocare in Galles, nello Swansea City, per poi tornare in Italia nella Massese, per passare poi all’Internapoli, e da lì alla Lazio, dal ’69 al ’76, per finire la carriera nei Cosmos di New York.

Con la maglia azzurra, 14 presenze e 4 gol. Negli ultimi anni aveva avuto seri problemi con la giustizia, coinvolto in un’inchiesta su una scalata alla Lazio di Lotito da parte di clan camorristici, e nel luglio 2008 era stato colpito da un mandato di arresto per riciclaggio. Un triste e burrascoso finale di una storia che in quegli anni ’70 ha fatto grande la Lazio, proprio nel nome di Giorgio Chinaglia.

di Alessandro Fiesoli