Roma, 26 aprile 2012 - Abete il temporeggiatore, intervenendo nelle ultime ore sull’argomento, formalmente ha rinviato la questione a fine campionato ("Intanto aspettiamo che finisca serenamente"), ma nei fatti questa volta una posizone l’ha presa: "Ci sono regole da rispettare". Come dire: la federazione è contraria. La questione è quella della sempre più possibile rivendicazione della terza stella da parte della Juventus. Vale a dire: in caso di scudetto, per Agnelli i titoli complessivi diventerebbero trenta, con diritto reclamato a cucire una terza stella sulle maglie bianconere. Nel conto juventino, naturalmente, rientrano anche i due scudetti cancellati dalle sentenze sportive di Calciopoli.

Ora: che alla Juventus e alla famiglia Agnelli quelle sentenze non siano mai andate giù, non serve l’imminente vittoria del nuovo scudetto per saperlo. Ma facendo parte di uno sport, di una federazione, in un certo senso di una democrazia con regole condivise, la pretesa di riformare le sentenze sportive in base a un convincimento privato non è accettabile. Non sempre ci capita di essere d’accordo con Albertini, ma questa volta il vicepresidente federale ha molte buone ragioni, secondo noi, quando afferma che si tratterebbe, da parte della Juventus, di "una forzatura". Lo è, in parte, anche il suo paragone fra la Juventus e Ben Johnson: nel caso dello sprinter canadese, oro a Seul ’88 nei 100 e poi declassato per doping, l’infrazione delle regole era diretta, immediata, senza dover ricorrere a un tribunale sportivo.

Ma in punta di principio, Albertini è stato efficace. La Juventus si ritiene vittima di un’ingiustizia? Continuando, come fa, a cercare di saldare i conti impossibili con il passato, dato che dai processi e dalle cause che li hanno allora innescati non si torna indietro, la Juve semmai rischia di togliere valore al suo ritrovato presente da capolista e a un futuro che può ripartire da uno scudetto nuovo, e non da quelli vecchi.

di Alessandro Fiesoli