Torino, 20 aprile 2013 - "Una penna. Bella eh, ma pur sempre una penna. Di Cartier, luccicante, più pesante di una Bic, con lo stemma del Milan. Eppure una penna. Con un ripieno di inchiostro blu, banalmente blu. La guardavo, me la rigiravo tra le mani, ci giochicchiavo incuriosito, come fa un neonato con il suo primo peluche". Inizia con il ricordo dell’addio al Milan nell’anticipazione del libro di Andrea Pirlo ‘Penso, dunque gioco’, pubblicato dalla Gazzetta dello Sport.

Nel libro in uscita il prossimo 30 aprile, il centrocampista bresciano ripercorre la sua carriera a 360 gradi. Proprio il commiato dal club rossonero dopo dieci anni, Pirlo se lo aspettava diverso tanto da arrivare a definire Galliani il ‘Signor Bic’ proprio per quel regalo particolare. "’E mi raccomando, non usarla per firmare il nuovo contratto con la Juventus’. Almeno Adriano Galliani aveva azzeccato la battuta. Come regalo d’addio mi sarei aspettato qualcosina di più di quel tempo comico perfetto", racconta ancora Pirlo.

E il neo juventino lo dice chiaramente: "Dieci anni di Milan andati così. Comunque, ho sorriso. Perché io so ridere, tanto e bene. ‘E grazie di tutto, Andrea’. (...) Mi stavano tirando giù dalla cornice, ma non a forza. La noia da Milan era il rischio che non volevo correre, ecco perché alla fine di quell’ultimo incontro ero dispiaciuto, ma il giusto. Come me, Galliani".

L’addio è stato lampo, racconta ancora Pirlo: "Ci siamo lasciati senza rimorso. In mezz’ora, arrotondando per eccesso, ero fuori da lì. Quando si ama serve tempo, quando il sentimento muore può aiutare una scusa. ‘Andrea, il nostro allenatore Allegri pensa che se resti non potrai più giocare davanti alla difesa. Per te avrebbe pensato a un altro ruolo: sempre a centrocampo, ma sulla parte sinistra’. Piccolo particolare: davanti alla difesa pensavo di poter dare ancora il meglio di me. E poi da quest’anno la politica della società è cambiata. A chi ha più di trent’anni, proponiamo il rinnovo di contratto solo per dodici mesi", la chiusura di Galliani. A quel punto Pirlo non ci ha pensato più, a Torino lo stavano già aspettando: "Grazie, ma davvero non posso accettare. E poi la Juventus mi ha proposto un accordo triennale’".

Pirlo racconta anche come è arrivato a scegliere la Juventus dopo aver declinato le offerte di Inter e Roma. "Si sono fatti avanti tutti, anche l’Inter. Io, direttamente, sono stato contattato solo una volta. Me la ricordo bene - racconta - era un lunedì mattina, a stagione appena terminata. ‘Pronto, Andrea, sono Leo’. Dall’altra parte della cornetta c’era Leonardo, in quel momento allenatore dell’Inter. ‘Ciao Leo’. ‘Senti, finalmente è tutto a posto. Ho il via libera del presidente Moratti’. Ci ho pensato, ma non ne sarei stato capace. Sarebbe stato davvero troppo, un affronto che i tifosi del Milan non avrebbero meritato".

Anche la nascente Roma degli americani si è fatta sotto. "’Faremo una grande Roma’ continuava a ripetermi Baldini, ma degli americani che avevano acquistato il pacchetto di maggioranza mi diceva poco e niente. Mi sono insospettito. Se in quel momento la società ci fosse stata - scrive Pirlo - se fosse stata vera e non presunta, viva sulla carta e non solo a parole, magari ci sarei anche andato".

La svolta Juve, decisivo Conte. "Mi sono dovuto confrontare con tanti allenatori e lui è quello che mi ha sorpreso di più. Gli è bastato un discorso, con tante parole semplici, per conquistare me e tutta la Juventus", racconta Pirlo nel libro. "Il primo giorno di ritiro, in montagna, a Bardonecchia, ha convocato la squadra in palestra e si è presentato. Aveva già il veleno addosso. Si muoveva bene ad alta quota - racconta il regista bianconero - perché le vipere sono fatte così. ‘In questa squadra, cari ragazzi, si viene da due settimi posti consecutivi in campionato. Roba da pazzi. Agghiacciante. Io non sono qui per questo, è ora di smetterla di fare schifo’".

E ancora a proposito di Conte, Pirlo non usa mezzi termini: "Mi aspettavo uno bravo, ma non così bravo. Pensavo a un allenatore con tanta grinta e altrettanto carisma, invece ho scoperto che anche tatticamente e tecnicamente ha da insegnare a molti suoi colleghi", scrive. Poi conclude con ironia: "Tornassi indietro, solo una cosa non rifarei: scegliere il posto vicino a Buffon dentro il nostro spogliatoio allo Juventus Stadium. È il punto più pericoloso di tutta Torino, soprattutto tra il primo e il secondo tempo delle partite. Nell’intervallo Conte entra e, anche quando stiamo vincendo, lancia contro il muro - e quindi contro il mio angolino - tutto quello che trova, quasi sempre delle bottigliette di plastica, piene d’acqua. Diventa una bestia. Non si accontenta mai, c’è sempre un dettaglio che non gli va a genio".