Dall’inviato ANGELO COSTA

Montecopiolo (Pesaro Urbino), 17 maggio 2014 - Dopo tre giorni è ancora Diego Ulissi, dopo dodici anni è ancora Cadel Evans in rosa. Sul primo vero arrivo in salita, dopo aver affrontato il Cippo di Carpegna sul quale Pantani preparava le sue imprese, si celebrano ricorrenze diverse e al tempo stesso due conferme: il giovane toscano ribadisce la sua lenta e inorabile maturazione di campione, prendendosi una tappa più dura di quella di Viggiano, il veterano australiano ricorda a tutti di essersi presentato qui, a 37 anni, con la ferma intenzione di entrare in un albo d’oro che gli manca.


"Ho realizzato qualcosa di incredibile, il primo ad essere incredulo sono io", racconta Ulissi, dopo aver impallinato il fuggitivi Rolland, lo spagnolo Moreno e il croato Kiserlovski, che nel finale avevano tentato di fare centro. Alla seconda vittoria, il concittadino di Paolo Bettini abbina adesso il ruolo di nuovo leader della sua squadra, essendo arrivati in ritardo Cunego e Niemec.

"Al via questa mattina avevo in programma una gara passiva perché il Carpegna per le mie caratteristiche è troppo dura, ma mi sono difeso con i denti. Sono rimasto agganciato ai primi in salita e nel finale sapevo di poter sprintare con agilità. Kiserlovski non è partito forte, di più, ma poi per fortuna è calato un gocciolino e sono riuscito a passarlo. Nel finale avevo le gambe che mi esplodevano, non so come ci sono riuscito, ma sono felicissimo. La dedica? A mia moglie Arianna, se no dice che da quando è nata Lia penso solo alla nostra piccolina".


Mentre Ulissi pensa più al Mondiale ("Da italiano devo metterlo nel mirino, andrò a studiarlo a luglio), rinviando a data da destinarsi la sua eventuale trasformazione in uomo da corse a tappe (‘Magari crescerò, ma prima devo pensare alle classiche"), Cadel Evans si gode il ritorno in rosa. "Sono felice ma penso ad arrivare in rosa a Trieste. È ancora presto per pensare al traguardo finale ma come squadra siamo usciti molto bene dopo una settimana in cui è successo di tutto e di più. Oggi la tappa è andata come speravamo, ci siamo preoccupati soprattutto di controllare, e ho visto che in tanti stanno pagando le fatiche dei giorni scorsi. Colgo l'occasione per dire grazie alla mia squadra, in particolare a un grande Steve Morabito. Non posso che essere soddisfatto del mio Giro finora, sono felice di indossare la maglia rosa ma è ancora lunga: il vantaggio che ho adesso non basterà la terza settimana, perché ci sono tappe dure come quella dello Zoncolan (dove si lavora per togliere la neve, ndr). In rosa dopo dodici anni? Significa che ho più esperienza, anche se nel finale ho commesso un piccolo errore, regalando un paio di secondi a Quintana. Lui il mio rivale? E’ presto per dire chi è ancora in corsa e chi invece è già fuori".


Sembra invece già fuori Michele Scarponi: dolorante al fianco destro per la caduta di Montecassino, il marchigiano arriva con quasi dieci minuti di ritardo. "Ho pensato a difendermi, pensavo di soffrire meno. Se riesco a rimettermi in sesto, darò una mano ad Aru. Ringrazio la mia gente: mi ha aiutato a passar meglio una giornata difficile". Giornata buona per quasi tutti gli altri, giornata che avrebbe potuto regalare la prima vittoria al colombiano Arredondo: in fuga dal via prima con altri nove poi da solo, il sudamericano vede sfumare i suoi sogni a tre chilometri dal traguardo. "Il mio obiettivo alla corsa rosa è vincere una tappa, oggi mi sono trovato in fuga e ci ho provato. Ai  tre chilometri pensavo ancora di potercela fare, ma è andata così. Io e i miei compagni della Trek ci proveremo un’altra volta, abbiamo ancora tante tappe a disposizione. Tra i dilettanti ho corso quattro anni nelle Marche, oggi avevo tanti amici a bordo strada oggi, anche per questo volevo ben figurare", racconta, consolandosi con la maglia di leader degli scalatori.