Crolla la Spagna e il rumore è assordante. Campione del mondo, campione d’Europa, campione di tutto, finisce qui una striscia di trionfi lunga sei anni, la «Roca» bella e imbattibile, non esiste più: è la storia del calcio che volta pagina. Il Tiki Taka va in archivio, la ragnatela di passaggi, il possesso palla, un modo di giocare che ha incantato e dominato il mondo, d’improvviso è solo una lenta, impacciata e prevedibile agonia del pallone. Il Tiki Taka è finito, evviva il Tiki Taka.

Doveva succedere prima o poi, i segnali erano già arrivati chiari e forti dal Barcellona, ma la Spagna pensava di farcela ancora a sopravvivere, in fondo in nazionale c’è anche parecchio Real: non è bastato a cambiare il corso delle cose. Colpa di un gioco ormai esaurito nella sua dinamica, ma anche della assoluta mancanza di energie mentali di un gruppo di giocatori che ha vinto tutto e dentro non ha più trovato la voglia di provare a vincere ancora. Come un treno su un binario morto, lentamente e mestamente, la Spagna è finita fuori da questo mondiale dopo due sole partite.

Prima l’Olanda, poi anche il Cile, hanno infierito sui resti della leggenda. Succede. Lo sport in certi casi è impietoso e davanti alla caduta degli Dei in genere sono in pochi a inchinarsi. Anzi, oggi in molti esulteranno. Per quelli (tanti) che non hanno mai amato il «calcio bailado», è un po’ come liberarsi dalla dittatura culturale di una scuola calcistica. Liberi tutti. Ma alla Spagna e agli spagnoli dovremo comunque essere grati. Ci siamo divertiti, ma come tutti i divertimenti dopo un po’ stufano.

 

di Enzo Bucchioni