Roma, 6 ottobre 2010 - La bufera doping che sta investendo Alberto Contador e il ciclismo non sorprende uno sconfortato Ettore Torri. Al punto che il capo della procura antidoping del Coni è convinto che tutti i ciclisti facciano uso di sostanze vietate e che il doping, oltre ad essere invincibile, andrebbe legalizzato se non fosse dannoso per la salute degli atleti. “Non sono l’unico che lo dice”, ha spiegato Torri in un’intervista ad Associated Press parlando della diffusione di sostanze e metodi vietati, “ultimamente tutti i ciclisti che ho interrogato hanno detto che tutti si dopano”.

Secondo Torri se il doping non fosse dannoso per la salute degli atleti una soluzione possibile, per non configurare ingiustizie tra gli atleti, sarebbe la legalizzazione dell’abuso di farmaci: “Non è giusto quando si trova un atleta su cento”, ha detto Torri. “Più lavoro in questo campo e più mi meraviglio della diffusione del doping. Non credo che il doping verrà estirpato”, ha detto.

Torri, che negli anni ha condotto numerose indagini su ciclisti coinvolti in casi di doping quali Ivan Basso, Danilo Di Luca e Riccardo Riccò, ha spiegato che il doping è invincibile “per il semplice fatto che si evolve continuamente. Escono sempre nuove sostanze sulle quali non esistono controlli”, ha detto Torri. Il capo della procura antidoping del Coni ha chiarito la sua provocazione sul doping da liberalizzare affermando che “non c’è giustizia quando su 100 ciclisti ce ne sono 99 che si dopano senza subire conseguenze”.

Parlando dello scandalo che rischia di distruggere la carriera e la credibilità di Contador, tre volte vincitore del Tour de France, Torri ha ricordato come il Coni sia stato “il primo ad attaccare il sistema spagnolo, che era una torre inattaccabile”: “Contador può imputare la sua positività alla carne che ha mangiato ma non basta”, ha detto Torri, “deve dimostrarlo”.

In merito alla diffusione del doping Torri ha affermato che la piaga della scorciatoia farmacologica “continuerà ad esistere fino a quando il doping sarà un’opzione economicamente fattibile”. Poi l’accusa ai preparatori: “Sono bravissimi nel loro lavoro e sono in grado di prescrivere il necessario per rimanere al di sotto della soglia del doping”, ha detto Torri, che ha inoltre invitato l’agenzia mondiale antidoping a semplificare il passaporto biologico. “In qualche caso”, ha osservato, “la complessità dei regolamenti favorisce gli atleti incolpati”.

La scorsa settimana Torri ha appreso la notizia del rinvenimento di 50 pillole sospette nell’abitazione di Riccò, presunto astro nascente del ciclismo italiano già squalificato per doping. Il corridore emiliano, stangato dopo la sua positività all’Epo-Cera nel Tour de France, si era attirato nuovi sospetti in seguito all’arresto, avvenuto lo scorso mese, di Enrico Rossi, suo cognato ed ex compagno di squadra nella Ceramica Flaminia. Sempre la scorsa settimana il Coni, attraverso il tribunale nazionale antidoping, ha squalificato per quattro anni la sorella di Basso, Elisa, riconosciuta responsabile di traffico di doping.

Un quadro inquietante, visto che Elisa Basso è la moglie di Eddy Mazzoleni, ciclista ugualmente coinvolto in vicende di doping. “Si chiama doping di famiglia”, ha detto Torri scuotendo la testa, “è incredibile”. Se le pillole trovate in casa di Riccò dovessero comprendere prodotti vietati il presunto talento emiliano rischierebbe una squalifica a vita per recidiva. “Vedremo quali spiegazioni fornirà”, ha detto Torri, “può sempre dimostrare che erano per la nonna. C’è sempre una nonna, un filetto o chissà cos’altro”.