Roma, 10 maggio 2011 - Gli hanno sparato addosso. Preso a calci in faccia, additato come lo sport 'malato' per acclamazione. Ciclismo uguale doping, corridori branco di traditori. Poi, la tragedia. Un ragazzo di 26 anni lanciato a 80 all'ora si schianta sulle strade del Giro d'Italia. Muore. Tutti si stringono attorno al ciclismo: il mostro ha ritrovato la sua dignità.

Nessuno nega gli errori, tanti, che sono impressi nella storia. Indelebili. Ma è possibile che siringhe e sacche di sangue abbiano cancellato i valori di uno sport che fa del sudore, del fango in faccia e della fatica estrema la sua massima espressione? C'è voluto il dramma senza fine di un ragazzo che non sarà mai padre per risvegliare nella gente il rispetto per questo sport.

“Ma andate a vedere cos'è un ciclista”, diceva quello con la bandana da pirata. E' un uomo di coraggio, prima di tutto. Come quello di chi lotta per rimanere dentro il tempo massimo nelle tappe di montagna. Morde il manubrio e arriva 40 minuti dopo le feste. A chi ha vinto, la gloria. A lui, solo la gioia di poter aiutare il proprio capitano il giorno successivo. Gente che corre Giri, Tour o Vuelta con costole incrinate, clavicole rotte. Sacrifici, tanti.

Di Wouter Weylandt tutti ricordano la vittoria al Giro. Ma il vero Weylandt era quello delle volate tirate a Boonen, del treno Quick Step che correva gomito a gomito contro quello di Petacchi o Cavendish. Lui, con i vari Tosatto e Steegmans, sempre a rischiare e a 'limare' per lanciare il grande Tom. Poi magari capita che Boonen non voglia rischiare, come durante una tappa della Vuelta del 2008. Vai pure tu Wouter, giocatela.

E magari, proprio quella volta, ti capita di vincere. In mezzo, tanta fatica e l'affetto della gente. Ali di folla che si aprono ad applaudire tutti i corridori, dal Merckx al Malabrocca, la storica maglia nera. Che emozioni vederli passare. Scrutare i loro volti, scorgere la fatica. E magari sperare in una borraccia, gettata in segno di gratitudine dopo una 'spinta' in salita.

 E un'immagine, l'ultima, quella di oggi pomeriggio. Sul traguardo di Livorno gli otto compagni della Leopard arrivano abbracciati. Weylandt non c'è, ma al suo posto, con loro, ecco il suo grande amico Tyler Farrar. Maglie diverse, stessa passione. Quel fuoco che neanche la morte può spegnere.